Una città ferita al cuore. Si è svegliata così la Capitale dopo la notizia dell’uccisione a Roma, nel quartiere Prati, del 35enne carabiniere, Mario Rega Cerciello, accoltellato senza pietà durante un’operazione di routine da alcuni malviventi. Fatti per i quali, al termine di una giornata a dir poco convulsa, venivano portati in caserma sei uomini, due dei quali, messi sotto torchio nel corso di un lungo e travagliato interrogatorio, venivano fermati perché ritenuti responsabili dell’omicidio. Si tratta di due cittadini statunitensi, entrambi di diciannove anni e studenti universitari, in vacanza nella Capitale. E proprio uno dei due americani in tarda serata ha confessato di aver accoltellato il vicebrigadiere Rega. Gli altri quattro uomini che sono stati ascoltati dagli investigatori sono, invece, magrebini già noti alle forze dell’ordine per piccoli reati e le loro posizioni sarebbero ancora al vaglio degli inquirenti.
LA RICOSTRUZIONE. Mentre tutta l’Italia brancolava nel buio su cosa fosse realmente accaduto al vicebrigadiere, tanto che si rincorrevano voci su voci, spesso le une in contrasto con le altre, i carabinieri di via in Selci stavano dipanando la matassa. L’assassinio, infatti, era avvenuto verso le 3 della notte tra giovedì e venerdì in via Pietro Cossa nel centralissimo quartiere Prati per un cosiddetto “cavallo di ritorno”. Ma ora dopo ora si veniva a scoprire che la vicenda era ben più complicata di quanto non sembrasse inizialmente. Infatti i militari, coordinati dal procuratore capo Michele Prestipino, dal procuratore aggiunto Nunzia D’Elia e dal pubblico ministero Sabina Calabretta, dopo aver acquisito i video delle telecamere di videosorveglianza della zona ricostruivano letteralmente l’accaduto. Da qui ripercorrendo la catena di eventi a ritroso, scoprivano che tutto aveva avuto origine dal furto di un borsello nel quartiere Trastevere avvenuto poche ore prima del delitto. Uno scippo che vedeva protagonisti i due diciannovenni americani i quali, ben conoscendo il quartiere Trastevere dove ha sede l’università in cui studiano, avrebbero deciso di passare qualche ora di svago. Per farlo avevano ben pensato di cercare un po’ di marijuana e si erano recati da alcuni pusher nordafricani con i quali, probabilmente per alcune divergenze sul costo dello stupefacente, iniziavano un’accesa lite. Un rapido parapiglia in cui aveva la peggio lo spacciatore che veniva derubato dai ragazzi i quali facevano immediatamente ritorno nella loro camera d’albergo a Prati. Qualcuno la chiamerebbe una notte da leoni, ispirandosi al film comico di qualche anno fa, ma le cose ben presto prendevano una scena più simile a quella di un thriller. Infatti nella refurtiva, oltre a dei soldi e un po’ di stupefacente, c’erano anche il libro nero con i nomi di alcuni clienti dei pusher e un telefonino. Proprio quest’ultimo, di colpo, prendeva a squillare. Dall’altra parte della cornetta ci sarebbe stato uno degli spacciatori che, a brutto muso, spiegava ai due studenti il grave errore commesso a cui ora dovevano porre rimedio per evitare di trovarseli di fronte sotto l’università. Balbettando qualche parola confusa, i ragazzi cedevano e prendevano appuntamento sotto l’hotel con il pusher avvisando, almeno secondo quanto emerge, i carabinieri.
INTERVENTO MORTALE. Così all’appuntamento si recavano il vice brigadiere Cerciello e un collega, entrambi in abiti civili e convinti che la cosa si sarebbe risolta senza problemi. Peccato che tutto andava per il verso sbagliato. Sotto l’hotel, infatti, scoppiava una seconda lite e quando intervenivano i militari uno dei due ragazzi americani, probabilmente in stato confusionale, sferrava un fendente alla schiena del militare. Le urla di dolore di quest’ultimo mettevano in fuga i pusher, i quali avevano capito che la faccenda aveva preso una piega assurda e impensabile, mentre attiravano l’attenzione del collega. Nemmeno il tempo di girarsi che, però, Cerciello veniva colpito da altre sette coltellate al petto che ne causavano la morte.