La decisione, salvo ulteriori cambi di programma, dovrebbe arrivare in serata. Il gruppo parlamentare pentastellato del Senato sarà chiamato a confermare Ettore Licheri (nella foto) come capogruppo del Movimento cinque stelle oppure a cambiare nome – e strategie – virando per Maria Domenica Castellone. Un cambio di passo che sembra interno al Movimento, quasi secondario. Ma che invece riveste un’importanza centrale, soprattutto sulla tenuta del gruppo pentastellato a Palazzo Madama.
Secondo quanto risulta a La Notizia, a Licheri i colleghi – la maggioranza? – rimproverano di non aver saputo cementare il gruppo ed evitare le troppe fuoriuscite di peso negli ultimi mesi. Ma gli contestano anche l’eccessivo appiattimento sulle posizioni del Pd. Una critica che alcuni hanno letto come campanello d’allarme per Giuseppe Conte, vista la profonda vicinanza del capogruppo al presidente M5S.
C’è da dire, però, che in questa partita Conte è rimasto il più possibile esterno né la sua posizione potrebbe essere compromessa dalla prevalenza di un nome su un altro. E questo – spiegano fonti interne – anche nell’ottica di un cambio di paradigma all’interno del Movimento per cui si mira a viaggiare uniti e coesi in base all’adesione su temi e princìpi, piuttosto che in base alla predilezione per “fedelissimi” e cerchi magici, che inevitabilmente riporterebbero alla mente quelle strutture oligarchiche di partito, che nulla c’entrano con la nuova idea di Movimento.
IL VOTO. Come democrazia interna vuole, dunque, saranno i singoli senatori a determinare chi sarà il loro capogruppo. Ad oggi la situazione appare piuttosto incerta con una trentina di parlamentari pronti a riconfermare Licheri e altrettanti che invece darebbero volentieri spazio alla Castellone, senatrice che in questi mesi si è contraddistinta soprattutto su tematiche delicate per il Movimento come welfare e sanità pubblica.
In più ha avuto modo di acquisire competenza ed esperienza nella gestione del gruppo, essendo stata una delle due vicepresidenti di Licheri stesso. Fatto sta che tanti pezzi da novanta del Movimento, a cominciare da Vito Crimi, starebbero provando a convincere la quindicina di senatori ancora indecisi. Dunque è molto probabile che la partita si giocherà su una differenza minima. Una differenza che, secondo molti, determinerà il “peso specifico” di un Movimento 2.0, fatto di volti nuovi anche all’interno delle stanze del potere.
IL NODO. Gli equilibri, dunque, restano precari. Anche perché nel frattempo pure alcune questioni relative alla gestione del Movimento tout-court ancora lasciano un certo malumore. A cominciare dal ruolo che dovrebbero svolgere i cinque vicepresidenti nominati da Conte. Parliamo cioè di Paola Taverna, Maurizio Turco, Alessandra Todde, Riccardo Ricciardi e Davide Gubitosa. Secondo le voci interne che si fanno sempre più insistenti, soltanto loro potrebbero andare nei telegiornali al posto di Conte.
Una linea che potrebbe ledere la libertà di espressione interna, secondo alcuni. Ma c’è un aspetto che a tanti non va giù: il regolamento interno dei pentastellati prevede che, dopo l’indicazione del presidente, le nomine vengano formalizzate dall’Assemblea degli eletti. Cosa che effettivamente ancora non è avvenuta. Di fatto, dunque, i cinque vicepresidenti ancora non sarebbero formalmente tali. Ennesimo ritardo che fa storcere il muso a un piccolo gruppo di parlamentari. Che non vuole rinunciare al suo peso.