C’è mancato poco. E quello che non è avvenuto ieri con grande probabilità potrebbe accadere oggi. C’è infatti la concreta possibilità di un ribaltone nel gruppo M5S al Senato. Il capogruppo uscente, Ettore Licheri, accreditato alla vigilia di 35-40 voti, ne ha ottenuto 36 al primo scrutinio, tanti quanti la sfidante Maria Domenica Castellone (nella foto), in corsa solo sabato scorso (“quotata” a 25 preferenze) ma evidentemente capace di intercettare il malcontento diffuso fra i 74 senatori M5S per la gestione degli ultimi mesi.
La Notizia, d’altronde, è stato uno dei primi giornali a raccontare i malumori che spereggiavano all’interno del gruppo di Palazzo Madama (leggi l’articolo): a Licheri i colleghi – la maggioranza? – rimproverano di non aver saputo cementare il gruppo ed evitare le troppe fuoriuscite di peso negli ultimi mesi. Ma gli contestano anche l’eccessivo appiattimento sulle posizioni del Pd. Una critica che alcuni hanno letto come campanello d’allarme per Giuseppe Conte, vista la profonda vicinanza del capogruppo al presidente M5S.
C’è da dire, però, che in questa partita Conte è rimasto il più possibile esterno né la sua posizione potrebbe essere compromessa dalla prevalenza di un nome su un altro. E questo – spiegano fonti interne – anche nell’ottica di un cambio di paradigma all’interno del Movimento per cui si mira a viaggiare uniti e coesi in base all’adesione su temi e princìpi, piuttosto che in base alla predilezione per “fedelissimi” e cerchi magici, che inevitabilmente riporterebbero alla mente quelle strutture oligarchiche di partito, che nulla c’entrano con la nuova idea di Movimento.
Insomma, niente stress test per Conte ma sicuramente l’evidenza di un equilibrio precario all’interno del gruppo del Senato. E a rendere tutto più ingarbugliato il “giallo” di una scheda che, secondo quanto riferito ieri dall’AdnKronos, sarebbe stata contrassegnata da più segni e che alla fine è stata conteggiata come voto per Licheri. Se fosse stata annullata, avremo avuto già un’indicazione precisa del nuovo capogruppo. E comunque non sarebbe bastato per l’elezione dato che sarebbe servita la maggioranza assoluta, criterio richiesto anche nella seconda votazione prima del passaggio, dal terzo scrutinio in poi, alla maggioranza relativa.
PROSSIMA SFIDA. Fra un mese, poi, si annuncia non meno complessa la selezione del capogruppo alla Camera: l’uscente Davide Crippa è più vicino a Beppe Grillo che a Conte, tanto che lo stesso presidente avrebbe già voluto sostituirlo. Queste nomine, specie in questo periodo, rischiano di essere fondamentali, sopratutto in vista delle trattative per arrivare all’elezione del presidente della Repubblica. È infatti attraverso i capigruppo, oltre che i leader dei partiti, che passano le strategie in un appuntamento così delicato. E ovviamente i 5 Stelle vogliono giocare la loro partita.