Le immagini delle madri disperate che, non potendo entrare all’aeroporto di Kabul, hanno lanciato oltre le barriere di filo spinato i figli ai soldati britannici, chiedendo di metterli in salvo, sintetizzano terribilmente tutto il dramma in cui nel giro di pochi giorni è piombato l’Afghanistan e ribadiscono, se mai ce ne fosse bisogno, il totale fallimento della missione militare della coalizione internazionale durata venti lunghi anni.
I talebani non sono cambiati. La loro legge è sempre quella del terrore. Le uccisioni avvenute anche ieri nel Paese asiatico lo confermano, mentre i leader occidentali, cercando di minimizzare il flop subito, balbettano improbabili scuse. Nell’Emirato islamico qualcuno che prova a resistere però ancora c’è e, mentre l’esercito su cui ha investito un fiume di denaro l’Occidente è scomparso davanti all’avanzata degli studenti coranici, sono ancora una volta i mujaheddin.
IL QUADRO. Da domenica sono 12 le persone che hanno perso la vita all’interno e all’esterno dell’aeroporto di Kabul, un luogo che rappresenta l’ultima speranza per chi sa che restando in Afghanistan andrà incontro a morte certa. Ieri diverse persone sono poi rimaste uccise dopo che i talebani hanno aperto il fuoco ad Asadabad, capoluogo della provincia di Kunar, sulla folla che sventolava la bandiera nazionale in una manifestazione per il giorno dell’Indipendenza. Proteste simili ci sono inoltre state anche a Jalalabad e nel distretto di Paktia.
E due persone sono rimaste ferite pure a Jalalabad. Secondo un rapporto dell’Onu, i talebani stanno intensificando la caccia a tutte le persone che hanno lavorato e collaborato con la Nato e con l’esercito statunitense. “I talebani hanno condotto una mappatura degli individui prima di prendere il controllo di tutte le principali città”, si legge nel documento. “L’Emirato Islamico vuole buone relazioni diplomatiche e commerciali con tutti i Paesi. Non abbiamo parlato di commercio con nessun Paese e respingiamo le voci non vere”, ha twittato il portavoce dei nuovi potenti, Zabihullah Mujahid.
Ma il bluff sembra evidente. Finora sono state evacuate oltre 8.500 persone, ma sono troppe quelle in pericolo per poter essere portate tutte fuori da Kabul. In Afghanistan c’è però chi non si arrende. Il vice presidente del deposto governo afghano, Amrullah Saleh, e Ahmad Massoud, stanno organizzando la resistenza nella valle del Panshir. “Io e i miei combattenti mujaheddin difenderemo il Panshir come ultimo baluardo della libertà afgana. Il nostro morale è intatto. Sappiamo per esperienza cosa ci aspetta. Ma abbiamo bisogno di più armi, più munizioni e più rifornimenti”, ha affermato Massoud, figlio del comandante Ahmed Shah Massoud, ucciso il 9 settembre 2001 da Al Qaida.
LE REAZIONI. A non cercare giustificazioni alla disfatta ieri è stato l’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell, in un’audizione straordinaria al Parlamento europeo (leggi l’articolo). “Quello che è accaduto in Afghanistan – ha detto – è una catastrofe”. Il presidente statunitense Joe Biden, principale bersaglio delle critiche, ha sostenuto che i talebani devono decidere se vogliono essere riconosciuti dalla comunità internazionale e comunque di non pensare che gli studenti coranici abbiano cambiato le loro convinzioni fondamentali. Poi ha cercato di difendersi, affermando che i consiglieri militari non gli hanno detto di mantenere le truppe in Afghanistan, pur rivendicando la sua scelta. Intanto il Congresso indaga sulla gestione del ritiro da Kabul.