Sale la tensione tra Regione Lazio e Comune di Roma. Dopo il caso del Teatro di Roma, stavolta l’attenzione si concentra sulle case popolari. E sul tentativo della Regione di portare a termine una sorte di blitz per il quale a farne le spese, però, sarebbero le famiglie. In particolare la giunta guidata da Francesco Rocca vorrebbe gestire autonomamente i 48mila alloggi Ater di Roma, evitando così di consegnarli al Campidoglio per l’assegnazione ai richiedenti. In sostanza, la Regione vuole gestire in autonomia i propri immobili, creando un’altra lista d’attesa. Così le famiglie dovrebbero presentare domanda ed entrare in graduatoria in due diverse liste: una comunale e una regionale. “Sarebbe il caos”, taglia corte l’assessore capitolino alle Politiche abitative, Tobia Zevi.
Sale la tensione tra Regione Lazio e Comune di Roma. Stavolta l’attenzione si concentra sulle case popolari
Nasce tutto dalla bozza a cui sta lavorando l’assessore regionale alle Politiche abitative, Pasquale Ciacciarelli. L’idea è di introdurre due liste d’attesa separate per le case popolari, su spinta di Rocca che vuole provare ad andare all’incasso sul tema degli alloggi popolari da un punto di vista del consenso. Sostenuto, peraltro, anche da Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, che vogliono portare avanti una battaglia contro il Campidoglio di Roberto Gualtieri e del Pd. Ma ci sono anche altre motivazioni, di diverso tipo.
A partire dall’Imu per gli alloggi, con le cartelle che si sono accumulate in anni di cattiva gestione dell’Ater. La legge, attualmente, permette ai comuni di assegnare gli immobili, ma non esenta la Regione dal pagamento dell’Imu. Motivo per cui Rocca vuole concentrare tutti i poteri su di sé, gestendo direttamente il patrimonio. Comprese le 48mila case popolari regionali di Roma. Creando così un’altra lista, separata da quella delle 27mila case di proprietà del Comune.
Dall’altra parte si schiera il Campidoglio, che non nasconde la sua preoccupazione per la creazione di due differenti liste d’attesa per i cittadini. Le famiglie dovrebbero presentare due domande invece di una: alla Regione e al Comune. Tanta burocrazia in più, senza alcun vantaggio. Per questa ragione Zevi parla di “caos sulla pelle dei cittadini”, caos che si aggiunge alle 16mila famiglie in attesa di alloggio. Le due liste, per l’assessore capitolino, sono “una cosa senza senso”. Motivo per cui ha già chiesto al presidente Rocca di essere convocato per poter discutere della legge regionale ed evitare che per le famiglie l’assegnazione di una casa popolare diventi ancora più complicata.
I richiedenti di case popolari a Roma dovrebbero compilare una doppia domanda ed entrare in due diverse graduatorie
L’idea della Regione non piace al Campidoglio, non piace ai presidenti dei municipi romani e non piace al Pd. Che chiede di seguire un’altra strada, come fa il consigliere regionale dem, Massimiliano Valeriani. A suo giudizio creare due graduatorie è una “soluzione priva di vantaggi, che rischia di provocare confusione e disservizi”. La sua proposta, quindi, è di fare esattamente l’opposto, perché “il tema della casa avrebbe bisogno di procedure snelle ed efficienti”: per questo chiede alla Regione di “uscire dalla gestione diretta dell’edilizia residenziale pubblica a Roma”, lasciando più potere in mano alla Capitale. Così si avrebbe una gestione unica dell’intero patrimonio di edilizia pubblica, per oltre 70mila appartamenti e circa 300mila persone. Insomma, la soluzione per Valeriani è affidare al Campidoglio “il controllo diretto di Ater Roma”, possibilità che fornirebbe una soluzione anche al tema dell’Imu che va corrisposto proprio allo stesso Comune.
E come se non bastasse, i guai per l’Ater Roma riguardano anche il personale. L’ente era già stato ripreso dalla Corte dei Conti per le spese eccessive relative proprio al personale. Dal 2020 al 2022 la spesa per il personale a Roma è cresciuta di due milioni di euro, nonostante una riduzione per l’Ater capitolino da 553 a 529 dipendenti. La Corte dei Conti aveva avvisato l’ente chiedendo di rimettere a posto i conti sul fronte del personale. Ma l’Ater ha continuato a pubblicare avvisi pubblici e bandi per le assunzioni. Così ora si è trovata costretta a sospendere un concorso indetto per il nuovo ruolo di direttore generale. Tutto congelato, per il momento, in attesa di tempi migliori.