Dalle parti del Pd i telefoni squillano a vuoto. Il nervosismo è palpabile. Poi, in serata, le parole del capogruppo al Senato Andrea Marcucci irrompono nei Palazzi e se ne capisce il motivo. “In assenza di un accordo con le altre forze politiche sulle presidenze di Commissioni di garanzia e delle Giunte di Camera e Senato – è il ragionamento che il fedelissimo di Matteo Renzi affida alle agenzie – abbiamo deciso, congiuntamente con il presidente Delrio, di non provvedere alla comunicazione dei componenti del Partito democratico nelle commissioni Copasir, Vigilanza Rai e Giunta delle elezioni e delle immunità, fino al momento in cui non vi sarà certezza del rispetto minimo del ruolo di garanzia delle opposizioni”. In parole povere è stallo tra le minoranze.
Poltrone roventi – Già perché la prassi parlamentare vuole che organi considerati di garanzia, come la Vigilanza Rai che si occupa dei mass media pubblici, o come il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che esercita il controllo sui servizi segreti, siano guidati da chi in parlamento siede tra i banchi dell’opposizione. A votare però sono anche i deputati e i senatori della maggioranza, ed ecco perché non sono da sottovalutare i movimenti dei due partiti di Governo, ovvero Movimento Cinque Stelle e Lega. Per la Vigilanza si fa con insistenza il nome di Maurizio Gasparri, Forza Italia, sul quale però ci sarebbero resistenze provenienti dal fronte pentastellato. Più probabile quindi che vada all’azzurro Paolo Romani. Per il Copasir, invece, in teoria lo scranno più importante dovrebbe andare al Pd, con il renziano Lorenzo Guerini in rampa di lancio. Ma tra la teoria e la pratica, nella logica parlamentare, si inseriscono spesso una miriade di variabili dipendenti. Una di queste ha un nome e un cognome: Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia infatti, è decisa ha strappare la presidenza del Comitato che vigila sui servizi segreti ai democratici. “Parliamoci chiaro – sottolineano fonti interne al Pd – la Lega è sì al Governo con i Cinque Stelle, ma ha tutto l’interesse a ricompattare il fronte del centrodestra con Forza Italia e FdI. Un giochetto tra il Carroccio e i suoi alleati storici, quindi, non è affatto improbabile”. Ed ecco allora che i dem hanno fatto saltare il termine, fissato per ieri alle 18, per presentare i nomi dei membri indicati per i due organismi parlamentari. Mossa che ha inceppato l’ingranaggio dietro al calendario dei lavori, concordato tra Palazzo Madama e Montecitorio, che prevedeva che le due Commissioni si sarebbero dovute insediare domani.
Scrivanie vuote – Ma il Pd ha sparigliato le carte, bloccandone di fatto l’avvio e dando il via all’effetto domino. Già perché la scrivania del presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ieri è rimasta quasi vuota: non essendo arrivati neanche i nomi da Fi, Lega e Fratelli d’Italia. Su quella del presidente della Camera, Roberto Fico, invece mancano solo quelli dei dem. “Non è mai capitato uno spettacolo così indecoroso – attacca il vicepresidente della Camera in quota FdI, Fabio Rampelli, al telefono con Askanews – col Pd che dopo aver fatto incetta di poltrone nella scorsa legislatura, durante la quale ha indecorosamente guidato l’Italia, ora si comporta con tale arroganza”. Tutto rinviato quindi, con le conferenze dei capigruppo di Senato e Camera convocate per oggi pomeriggio, rispettivamente alle 13 e alle 14, che avranno il compito di occuparsi del tema.