di Marco Castoro
Il canone in bolletta sta scatenando un putiferio. Tra i tanti provvedimenti della legge di stabilità sarà quello destinato a occupare le pagine dei giornali più a lungo. A partire dalle aziende elettriche per proseguire con i cittadini – soprattutto quelli che non l’hanno mai pagato – si avverte una forma, non solo passiva, di resistenza al provvedimento. Ancora molti confondono la tassa sul canone con la gestione e la programmazione della Rai. Il canone è come il bollo auto. È una tassa sul possesso del televisore. Quindi va pagato da tutti coloro che possiedono un apparecchio tv. A prescindere se vi veda o no la Rai. Finché ci sarà la Concessione ventennale di
servizio pubblico tra la Rai e lo Stato, che però scade il 6 maggio del 2016, Viale Mazzini incassa ogni anno dal Tesoro l’80% del ricavato. Il pagamento del canone porta circa un miliardo e 600 milioni (e altri 500 potrebbero essere recuperati dalla lotta all’evasione). Già l’evasione. È proprio questa la molla che spinge il Governo a mettere il pagamento del canone in bolletta. Sono ancora troppi gli italiani che non pagano la tassa sul canone.
LE PROTESTE – Il presidente della commissione Vigilanza sulla Rai, Roberto Fico dei Cinque Stelle, ha smosso le acque con questa affermazione: «Il servizio pubblico nasce per essere indipendente. Se non lo è, se è occupato dal governo o dai partiti, se nelle trasmissioni di punta invita i Casamonica, se l’amministratore delegato è scelto dal governo senza alcun tipo di cuscinetto: perché pagare il canone?». Anche Fico è caduto nell’equivoco “tassa possesso=Rai”. Semmai sarebbe stato più giusto dire che alla luce di quelle cose che contesta perché rinnovare la concessione alla Rai? Secca la replica del sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli: «Trovo molto grave che il presidente della Vigilanza Rai, Fico, inviti pubblicamente e con argomentazioni strumentali a non pagare il canone, cioè a compiere un reato. Peraltro sapendo che sarebbero solo coloro che dovessero seguirlo, e non lui, a subire le conseguenze di questa mossa di pura propaganda».
SALVINI – Matteo Salvini a casa non ha un televisore. Chi l’avrebbe detto? Quindi non guarda la tv. Quest’ultima cosa magari sarebbe stata più facile immaginarla, visto che in televisione ci sta sempre. E pertanto non ha il tempo per guardarla. Sta di fatto che il leader del Carroccio non ha perso occasione per fare sua pure questa crociata.
«Pagare il canone Rai? – incalza Salvini – non ci penso neanche. Io non ho il televisore. Dovrei pagarlo se ho un iPad? Ma neanche a Cuba succede! Se fruisco di un servizio lo pago. Se non fruisco di un servizio perché dovrei pagarlo?». La sua proposta: «Privatizziamo due canali Rai e togliamo la pubblicità. Allora sì che ha un senso pagare
il servizio pubblico».
LA CONCESSIONE – I soldi del canone fanno gola a tutti. La Rai senza questi non potrebbe essere competitiva sul mercato, perché le entrate della pubblicità non sono sufficienti. Tra l’altro negli ultimi anni, vuoi per la crisi, vuoi per qualche politica sbagliata, la voce entrata dagli spot si è dimezzata (con la gestione Masi si superava il miliardo di euro). Il 6 maggio del 2016 scade la Concessione ventennale di servizio pubblico tra la Rai e lo Stato. Per Viale Mazzini questa data rappresenta lo snodo vitale per capire il futuro. Al momento non c’è nessuna legge che garantisca il rinnovo per altri vent’anni. Anzi, esiste pure il rischio che la torta si possa spacchettare in più fette da distribuire ai tanti commensali che si vogliono sedere al banchetto nuziale. A cominciare dai grandi competitor come Mediaset, Sky e La7. Senza dimenticare i circuiti dei network interregionali, le cosiddette tv locali. La partita è aperta.