di Stefano Iannaccone
Già un fiasco le primarie del Pd
La campagna elettorale per le Comunali di Roma è iniziata alla Camera. Ma i presunti pretendenti non sembrano molto motivati. Correndo un rischio: che le primarie si rivelino un flop. La volata, a sinistra, è partita sul tema dell’Olimpiade 2024 nella Capitale. Nell’Aula di Montecitorio sono state discusse le mozioni sulla candidatura di Roma ai Giochi Olimpici, tra cui quella di Stefano Fassina, candidato al Campidoglio di Sinistra Italiana, che ha illustrato il documento. E ha rilanciato la richiesta di un referendum prima di portare avanti la corsa all’organizzazione dei Giochi Olimpici. Sull’altro versante, in veste di alleati, c’erano i due avversari alle primarie di centrosinistra: i deputati del Partito democratico Roberto Giachetti e Roberto Morassut, hanno votato lo stesso documento, approvato alla Camera. L’intento è di proseguire il sostegno al “Comitato promotore nelle sedi istituzionali e in ambito internazionale”.
ATTESA MARINO – Giachetti e Morassut – almeno per qualche settimana – si ritroveranno per l’ultima volta vicini: fino al giorno delle primarie dovranno contendersi la vittoria che vale la candidatura al Campidoglio. L’obiettivo? Provare a raccogliere l’eredità di Ignazio Marino, che resta il convitato di pietra. Il chirurgo è passato da possibile competitor alle primarie a ipotetico candidato di un fronte esterno al Pd. La certezza è che domenica 7 febbraio si riunisce ParteCivile, l’associazione dei fan mariniani. Da quella sede può scaturire una decisione.
SENZA SOLDI – L’entusiasmo, però, non è a mille nel Pd e lo si capisce subito. Roberto Morassut, ex assessore all’Urbanistica nella giunta Veltroni, ha annunciato la candidatura “per salvare queste primarie, altrimenti a rischio. Mi sono reso conto, in questi giorni, che qualcosa o qualcuno mancava”. Non proprio uno slancio di entusiasmo. Secondo alcune fonti ha dovuto rispondere all’appello della sinistra Pd, alla ricerca di una figura da contrapporre all’esponente renziano. Anche se Morassut ha evidenziato: “Non sono un candidato di minoranza”. D’altra parte pure Giachetti non aveva molta voglia di mettersi in gioco. Ma è arrivata la richiesta di Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio, in un intervento, ha fatto un endorsement: “Giachetti conosce Roma meglio di chiunque altro. È romano e romanista”. Guarda caso, 72 ore dopo il vicepresidente della Camera ha pubblicato il video in cui annuncia la candidatura. Ma al di là della volontà, c’è anche un problema di fondi: nessuno vuole metterceli e gli imprenditori preferiscono tenersi lontani dalla politica. Perciò la corsa è quella della campagna elettorale a zero euro. Per i soldi, insomma, meglio attendere l’eventuale Olimpiade.
Il centrodestra senza idee bussa alla porta di Alfio
Sondare la disponibilità di Alfio Marchini nell’attesa di comprendere cosa poter fare. Perché alla fine la soluzione migliore potrebbe essere quella di “copiare” il Partito democratico: organizzare le primarie e demandare agli elettori il compito di individuare il candidato al Campidoglio. La scelta potrebbe ricadere proprio sull’imprenditore, che non ha fatto mistero di voler diventare sindaco passando per una sfida aperta. E peraltro, in tempi di crisi, è l’unico a poter attingere dal patrimonio personale per investire nella campagna elettorale. “Non credo che il candidato cosiddetto unitario possa uscire da un vertice di palazzo. Bisognerà attivare il coinvolgimento del popolo dei moderati per rafforzare i valori identitari e definire programmi concreti e realizzabili”, aveva chiesto già il 31 dicembre. Il centrodestra si avvicina alle Comunali a Roma in una condizione di generale incertezza. Anche perché nella Capitale la Lega, rappresentata dalla lista ‘Noi con Salvini’, non può dettare tutta la linea e deve sedersi al tavolo con gli alleati per venire a capo della situazione. Limitandosi a porre i paletti. Ma il principale interlocutore, il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, non ha molta voglia di mediare, soppesare i nomi e cercare la quadra.
IPOTESI BERTOLASO – L’idea del Cavaliere era quella di proporre l’ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso alla guida di una coalizione sostenuta dalle forze di centrodestra. Ma i forzisti romani hanno frenato. Il voto arriva dopo lo scandalo di Mafia capitale e in una richiesta generale di cambiamento. Bertolaso è sotto processo e “sarebbe attaccabile dalla sinistra”, ha scandito Matteo Salvini, ponendo il suo veto, pur elogiando l’ex numero uno della Protezione civile, parlando di lui come “una brava persona che ha fatto tantissimo per l’Italia”. Un ragionamento simile è stato fatto recapitare al Cavaliere dai colonnelli di Fi, l’eurodeputato Antonio Tajani su tutti. I vertici del partito nella Capitale hanno quindi incontrato Alfio Marchini per cercare di convincerlo ad accettare la candidatura con il centrodestra. L’imprenditore si è mostrato riottoso: secondo il suo ragionamento, l’ascendente sugli elettori è legato all’immagine di un leader lontano dai partiti tradizionali. L’associazione a Forza Italia è quindi interpretato come un rischio. Non come un valore aggiunto. Ma nel partito, almeno per il momento, viene respinta la resa incondizionata, con il cedimento a tutte le richieste di Marchini. Per questo la preparazione delle primarie potrebbe risolvere il problema. Luciano Ciocchetti, coordinatore del Lazio di Conservatori e Riformisti (il movimento di Fitto), ha rilanciato: “Abbiamo una grande opportunità di mettere insieme tutte le forze, creare un fronte unico e di far scegliere ai cittadini una voce sola”.
A DESTRA – La gravidanza ha tagliato fuori dalla corsa la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. E per il suo grande amico, Francesco Storace, è una grande occasione: l’ex ministro della Salute è stato l’unico a candidarsi alle primarie. L’assenza di competitor potrebbe favorire il suo posizionamento. Con parole d’ordine che suonano come musica alle orecchie dell’elettorato della destra radicale: “Più campo Roma che campo rom. È ora di dire: non ci venite più. Non è un atteggiamento xenofobo, ma perché non c’è n’è più neppure per noi. Non può sempre venire prima Ali Baba”.
Cinque Stelle, niente big in campo
Niente Alessandro Di Battista, né Roberta Lombardi. A Roma il Movimento 5 Stelle ha confermato la propria linea: il candidato sarà scelto attraverso un’apposita votazione in Rete. I big pentastellati, però, stanno seguendo con attenzione la procedura di screening degli aspiranti sindaci. Proprio Alessandro Di Battista lancia un messaggio chiaro: “Partono tutti alla pari. Per me ci sono 200 candidati consiglieri comunali, poi saranno i nostri iscritti a decidere chi farà parte della squadra e chi sarà il candidato sindaco del M5S”. Sebbene le bocche siano cucite, i due grandi favoriti sono i due consiglieri comunali uscenti, Marcello De Vito e Virginia Raggi, che hanno sfruttato la visibilità mediatica ricevuta dopo lo scandalo di Mafia Capitale.
A Sinistra del Pd regna il caos. Fassina non unisce
Possibile aveva trovato il candidato ideale: il segretario dei Radicali, Riccardo Magi. Il movimento di Pippo Civati voleva creare un’ampia convergenza per unire tutti i pezzi a sinistra del Partito democratico, optando per una figura trasversale. La “discesa in campo” di Stefano Fassina, con Sinistra Italiana, ha scompaginato la situazione. E d’altra parte lo stesso Magi ha avviato una battaglia sul referendum sull’organizzazione dell’Olimpiade del 2024, destando qualche perplessità. Così è partita l’operazione-Bray per arrivare alla candidatura dell’ex ministro dei Beni culturali come esponente unico contro il Pd. Ma non sono maturate le condizioni. E adesso resta in piedi solo Stefano Fassina, che però non convince gli attivisti di Possibile.
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