Il film è andato già in onda lo scorso anno. Con scenografia in Liguria e come sceneggiatura le elezioni regionali. La sinistra radicale ha scelto un candidato, sfidando il Partito democratico. E, a scrutinio ultimato, è venuto fuori un risultato amaro per i dem: la sconfitta a causa di un’emorragia di voti proprio a sinistra. Il vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti, candidato del Pd al Campidoglio, vede con preoccupazione la proiezione che ha portato alla sconfitta di Raffaella Paita. Fatale è stata la spaccatura con Sergio Cofferati e la conseguente candidatura di Luca Pastorino. Allo stesso modo un potenziale interlocutore del Pd, il candidato di Sinistra italiana (Si) Stefano Fassina, è stato categorico: non c’è nessuna possibilità di confronto con il Pd. Nemmeno in un eventuale ballottaggio.
NIENTE APPOGGIO – “Le distanze programmatiche sono enormi. Giachetti propone di tornare alla Roma degli anni Novanta e Duemila. Quella Roma che ha costruito periferie insostenibili ed ha contribuito ad aumentare le diseguaglianze. Non ci sono le condizioni per una convergenza programmatica”, ha scandito il candidato di Si, riammesso alla competizione dal Consiglio di Stato. Un pronunciamento che di certo non è stato celebrato con brindisi in casa dem. Perché i big del Pd romano già si erano messi in moto per abbozzare un dialogo con la fazione meno intransigente di Sel, rappresentata dal vicepresidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio. Nel quartier generale di Giachetti si fanno quindi i calcoli. Gli ultimi sondaggi pubblicati hanno infuso un pizzico di ottimismo riguardo alle possibilità di accedere al secondo turno. Ma nella sfida faccia a faccia il Movimento 5 Stelle di Virginia Raggi diventerebbe necessario attingere dal bacino elettorale della sinistra radicale: ogni singolo voto può rivelarsi decisivo in una contesa caratterizzata dall’elevato tasso di incertezza. L’elettorato di sinistra difficilmente può raggiungere le percentuali ottenute da Pastorino in Liguria (9,4%). Ma comunque oscilla tra il 3% e il 6%. Non proprio bruscolini. Il candidato del Pd può pure tentare di “prendersi” gli elettori di Fassina, senza avviare la trattativa. Ma nello staff del vicepresidente della Camera suggeriscono un approccio prudente: meglio presentarsi con un accordo politico, perché serve una forte mobiltazione a sinistra per raggiungere la vittoria. Non a caso lo stesso Giachetti ripete da settimane che le “ragioni delle divisioni sono inspiegabili”.
CONSOLAZIONE – L’unico spiraglio per scongiurare un “Campidoglio alla genovese” può essere rintracciato nella bocciatura di Fassina anche degli altri candidati. “Né Giachetti né gli altri mette al centro del proprio programma le drammatiche condizioni sociali di Roma. Non ci sentiamo sostituiti o sostituibili da nessuno”, ha detto il viceministro. Un piccolo passo indietro rispetto alle aperture fatte alla Raggi in passato.