“La bellezza non ha età, la fertilità sì”. Una cartolina promuove così la campagna di comunicazione del Governo per il Fertilityday 2016. E commette un clamoroso autogol: i giovani, destinatari del messaggio, non l’hanno presa molto bene. Mostrandolo a colpi di parodie. La bocciatura, comunque, è stata unanime anche tra gli esperti di comunicazione digitale.
L’obiettivo del ministero della Salute, guidato da Beatrice Lorenzin, sarebbe quello di spingere gli italiani a fare più figli per invertire il trend del calo delle nascite. L’iniziativa fa da preludio alla presentazione del Piano Nazionale della Fertilità, in programma il 22 settembre, che si prefigge lo scopo di “mettere a fuoco con grande enfasi il pericolo della denatalità nel nostro Paese, la bellezza della maternità e della paternità, il rischio delle malattie che impediscono di diventare genitori, l’aiuto della Medicina per le donne e per gli uomini che non riescono ad avere bambini”, spiega il sito del ministero. Insomma, un tentativo di invogliare i giovani ad avere un figlio, fornendo alcune informazioni. Tutto lodevole nelle intenzioni, ma il modo di comunicare non ha convinto per nulla. Nonostante la spesa di 38.500 euro.
Dall’opposizione si è fatta sentire più di qualche protesta. “Il mio consiglio è che il ministero della Salute impieghi le risorse per altri fini. Le dirotti ad un fondo di sostegno alla maternità. Queste campagne non ci servono. Abbiamo tutti studiato, credo alle scuole medie, come funziona. Grazie”, ha scritto su Facebook la deputata del Gruppo Misto, Mara Mucci. “Oggi più che mai – ha messo in evidenza la parlamentare – le donne svolgono lavoro da libere professioniste, e quindi meno tutelate durante la maternità, se non hai una giusta retribuzione o un partner in grado di sostenere bene la famiglia. Chi ha la fortuna di un lavoro da dipendente si trova a lottare con asili senza disponibilità di posto, o con rette altissime”. Quindi” il pensiero di una donna è ‘se non mi faccio una professionalità ora che sono giovane, dopo sarà troppo tardi’. Se poi hai affitto e mutuo sul groppone la faccenda si complica ulteriormente, e anche la ministra potrebbe comprendere benissimo i motivi”, ha concluso Mucci.
“Questa è becera propaganda moralista che ci fa arretrare di 50 anni. Parliamo invece delle politiche messe in campo dal Governo per assistere la natalità e supportare la genitorialità, invece di promuovere campagne approssimative che ancora una volta distorcono l’immagine e il ruolo della donna”, ha accusato invece la deputata di Possibile, Beatrice Brignone. “Servono interventi per la conciliazione famiglia/lavoro, l’accompagnamento alla maternità e serie politiche per l’infanzia”, incalza la parlamentare, che conclude: “Non è una questione individuale, ma un problema che viene da lontano e che riguarda tutto il Paese. Il Governo si interroghi piuttosto sui fondi che ogni anno stanzia per assistere le coppie che non riescono ad avere figli. E lo si faccia in maniera seria e non una propaganda retrograda e anche velatamente sessista”.
Ma le proteste non arrivano solo dalle opposizioni. L’organizzazione Act ha lanciato una contro-campagna, che denuncia il problema con ironia. “Per fare figli non abbiamo bisogno di marketing o mini incentivi, ma di politiche strutturali, welfare universale, lavoro e continuità di reddito, diritto all’abitare. L’unica vera clessidra è quella della precarietà, il conto alla rovescia verso la fine dei nostri contratti di lavoro”, si legge sulla pagina Facebook di Ac. Che conclude: “Vogliamo essere nelle condizioni di scegliere liberamente, liberi dal ricatto della precarietà”. Sui social, poi, c’è chi ha proposto delle parodie della campagna, parlando del “digestivo Ferty”. E non solo.