Spuntano i nomi dei primi indagati nell’inchiesta della procura di Milano sul caso dei camici forniti alla Regione Lombardia durante l’emergenza coronavirus dalla Dama spa, società di cui detiene una quota la moglie del governatore Attilio Fontana e gestita dal cognato Andrea Dini. Proprio Dini, in base a quanto rivelato ieri sera dall’agenzia di stampa Ansa, sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati insieme a Filippo Bongiovanni, direttore generale di Aria, la Centrale acquisti regionale. Il reato contestato è quello di turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente. I pubblici ministeri hanno sentito come testimoni anche l’assessore Raffaele Cattaneo e il presidente di Aria Francesco Ferri.
Sempre in giornata la guardia di finanza è tornata a bussare alle porte della Regione Lombardia per acquisire ulteriori documenti relativi ai contratti di fornitura stipulati tra Aria Spa e l’azienda gestita da Dini, fratello della moglie del governatore lombardo, Roberta Dini. Quello che puntano ad accertare i magistrati titolari dell’inchiesta è se la procedura con cui è stata concessa la fornitura di camici e altro materiale medico per un totale di 513mila euro si sia svolta in modo regolare oppure no. La notizia arriva dopo che pochi giorni fa la procura aveva individuato la prima ipotesi di reato per l’indagine, cioè la turbativa d’asta. Tutto era nato dall’inchiesta giornalistica di Giorgio Mottola trasmessa dal programma di Rai3 Report.
In seguito alla quale le fatture della società gestita dal cognato di Fontana sarebbero state stornate e l’acquisto trasformato in una donazione. Ma solo dopo che il caso era divenuto di dominio pubblico sui media nazionali. Dini finora ha sempre negato ogni responsabilità, affermando che il suo intento era sin dall’inizio quello di dare vita ad una iniziativa per scopi benefici. E ovviamente anche Fontana si chiama fuori. Il governatore della Lombardia, che ha tenuto a ribadire la sua estraneità alla vicenda, ha annunciato querele.