“Cambiare la narrazione del paese”. Fratelli d’Italia e Lega lo dicono senza un’ombra di vergogna, Sanremo è solo la leva per compiere un repulisti in grado di lasciare spazio ai propri scendiletto.
Per il Governo Meloni Sanremo è solo la leva per compiere un repulisti in grado di lasciare spazio ai propri scendiletto
Con malinconia ricordiamo quando la politica almeno fingeva, pur fingendo malissimo, di voler “depoliticizzare” la Rai, usava perifrasi per la vergogna di ammettere che si trattasse semplicemente di un’occupazione. “Dobbiamo cambiare la narrazione del Paese” lo dice schiettamente Gianmarco Mazzi, sottosegretario alla Cultura. I sottosegretari del resto sono i cannoni a palle incatenati del governo, fingono di stare nelle retrovie ma dicono ciò che Giorgia Meloni pensa in privato e non può permettersi di pronunciare in pubblico.
La prima urgenza è sostituire il direttore del Tg1: da Monica Maggioni a Gianmarco Chiocci, oggi direttore dell’AdnKronos. I meloniani avranno così le mani sui principali telegiornali, dopo la nomina di Nicola Rao al Tg2. Poi punteranno più in alto, sloggiando Fuertes e piazzando il fedelissimo Giampaolo Rossi. Stanno aspettando solo un’invenzione legislativa, un comma da inserire da qualche parte, per permettere a Rossi di sfondare il tetto dei due mandati per i consiglieri di amministrazione Rai.
“Cambiare la narrazione del paese” per il governo significa non dare più spazio alle tesi che sono incapaci di argomentare e che quindi vogliono nascondere sotto il tappeto. Credono, Meloni e gli altri, che la libertà di amare sia un vezzo di Fedez e Rosa Chemical, che la legalizzazione della cannabis sia solo un piglio di J-Ax, che il polso del razzismo sia un’isteria di Paola Egonu, che il diritto a essere donne anche senza maternità sia un’invenzione artistica di Chiara Francini.
Sono talmente oscuri, oltre che oscurantisti, che nemmeno hanno contezza che il Paese che vorrebbero “cambiare” è già diverso da come lo immaginano. Così ala fine perde la pazienza anche Stefano Coletta, direttore dell’Intrattenimento Prime time di Rai Uno, che abbandona l’abituale aplomb e risponde senza mezzi termini: “non posso rispondere di ogni gesto che fa un artista in diretta. Allora dovrei dimettermi ogni giorno. Non è civile”. Ha ragione Coletta a metterlo sul piano della civiltà: considerare i diritti civili un punto programmatico in capo a una parte politica è ignorante, reazionario e incivile.
L’ha detto ieri il calendiano Osvaldo Napoli, della segreteria nazionale di Azione: “ma fa più scandalo il normalmente scandaloso Fedez che strappa, in modo plateale e da censurare, la foto di un signore in divisa nazista oppure il sottosegretario di Stato Giovanni Bignami che qualche anno fa era dentro quella divisa?”.
È un dibattito al contrario. C’è perfino Vittorio Sgarbi che dice che “non si deve ostentare l’omosessualità”, detto da lui che non esisterebbe senza ostentare anche le sue sedute sulla tazza del cesso. “È paradossale la richiesta di dimissioni da parte di FdI dei dirigenti Rai responsabili dell’esibizione di Fedez: sul palco non ha detto o mostrato nulla che già non fosse pubblico e risaputo. FdI intende governare limitando la libertà di espressione? Tira aria di Minculpop“, il ministero della propaganda fascista, scrive su Twitter la capogruppo dem al Senato Simona Malpezzi.
“Fratelli d’Italia che minaccia la Rai per Sanremo è gravissimo istituzionalmente ed è emblematico di una concezione reazionaria dei diritti e della società”, afferma invece il segretario di +Europa Benedetto Della Vedova.
Intanto, non è un caso, al direttore Rai Coletta arrivano perfino attacchi omofobi, tanto per avere un’idea dell’aria fetida coltivata dal governo. “Cambiare la narrazione del paese”: sembra Putin e invece è il governo Meloni.