Era caduta nelle mani degli jihadisti dell’Isis due anni fa in Siria. E ieri, come dichiarato dall’Isis ma non confermato dal Pentagono, la volontaria americana Kayla Jean Mueller, 26enne, è stata uccisa in uno dei raid aerei su Raqqa, capitale del Califfato, lanciati dalla Giordania nelle ultime 48 ore. Raid lanciati da Amman per vendicarsi dell’uccisione del pilota arso vivo qualche giorno fa dai jihadisti. Anche ieri i caccia giordani hanno colpito le postazioni dello Stato islamico in quella che è stata definita “Operazione martire Muath”: nome in codice dell’operazione lanciata dall’aviazione giordana (Jaf) contro l’Is dopo, appunto, la barbara uccisione del militare Muaz al-Kassasbeh. Ed è “solo l’inizio”. La Giordania colpirà “l’Isis ovunque”, in Siria e Iraq, ha annunciato il ministro degli Esteri giordano Nasser Judeh.
IL PRIGIONIERO
Inoltre, da un noto ideologo qaedista, detenuto in Giordania e rimesso ieri in libertà, sono arrivate parole di dura condanna della barbara uccisione del pilota giordano, che “non è accettabile da nessuna fede, da nessun essere umano”, ha detto Abu Mohammed al-Maqdesi (alias Issam Taher al Barqawi, che ha passaporto giordano ma è di origini palestinesi), considerato il padre spirituale del qaedista Abu Mussab Zarqawi e di molti militanti di al-Qaida. Dopo essere stato in prigione in Giordania per tre mesi, il 55enne leader jihadista – noto per aver esplicitamente accusato di miscredenza il regime saudita – potrebbe ora essere usato dalle autorità giordane per rivolgere ai suoi seguaci sermoni anti-Stato islamico. Al-Maqdesi ha accusato il cosiddetto Stato islamico guidato dal leader dell’Isis, Abu Bakr al Baghdadi, di violare l’Islam: “Lo Stato basato sulla legge islamica deve unire e non dividere i musulmani”, ha detto.