Tra gli schiantati di queste elezioni un posto d’onore spetta sicuramente al duo Renzi-Calenda. Non solo non ha superato la soglia psicologica del 10% tanto agognata ma la coppia con il suo 7,7% non è riuscita neanche a centrare l’obiettivo di sorpassare il partito di Silvio Berlusconi, sceso tra l’altro sotto le due cifre.
Tra gli schiantati di queste elezioni un posto d’onore spetta sicuramente al duo Renzi-Calenda
A questo si aggiunga lo smacco personale del leader di Azione. Carlo Calenda ha perso la sfida nel collegio di Roma centro, nella cosiddetta “circoscrizione Ztl”. Calenda approda in Senato grazie al paracadute del proporzionale ma nel seggio uninominale romano ha prevalso Lavinia Mennuni (FdI) e Emma Bonino ha preso oltre il doppio dei suoi voti.
E se Matteo Renzi è in Giappone per il funerale dell’ex premier Shinzo Abe, tocca a Calenda una prima analisi del risultato elettorale. Ebbene, per l’ex ministro responsabili delle ambizioni frustrate del duo che aspirava a riportare Mario Draghi a Palazzo Chigi sono gli elettori.
“C’è un paradosso, perché il 50% degli italiani dichiara di apprezzare l’operato di Draghi e Mattarella e poi la maggioranza vota politici che rappresentano il modo opposto di fare politica. In democrazia l’elettore è il re e le scelte sono insindacabili e tuttavia riteniamo che questa dinamica che porta le persone a votare come se fossero al grande fratello, per chi urla di più, promette di più e realizza di meno, è quello che ha fatto declinare negli ultimi trent’anni l’Italia”.
Calenda ringrazia comunque i quasi due milioni di cittadini che hanno deciso di votare lui e il suo compagno di viaggio fiorentino, prende atto che “gli italiani hanno scelto di dare una solida maggioranza alla destra sovranista”, ovvero una prospettiva “pericolosa e incerta”, e da parte sua promette “un’opposizione dura ma costruttiva”. Ma non si rassegna il leader di Azione a un risultato elettorale più che modesto rispetto alle sue ambizioni e rilancia per il futuro.
A chi è pronto a scommettere che i due leader rimarranno ancora per poco assieme, Calenda assicura che il patto con Italia viva resta in piedi (“Si formeranno gruppi unici in Parlamento”) e che l’obiettivo rimane quello di aprire un “cantiere” che dovrà portare in tempi brevi alla nascita di “un grande partito liberale e riformista”.
Ma che – attenzione – non sarà solo l’unione dei due movimenti creati da Calenda e Renzi. Sarà aperto a tutti coloro che si riconoscono in quella prospettiva. Anche a +Europa, se vorrà, e alla Bonino, che rimarrà fuori dal Parlamento dopo essere stata “usata dal Partito democratico”. “Nei prossimi mesi – scommette – la divisione netta in tre poli risulterà ancora più forte: il Pd, con Fratoianni e Bonelli, tornerà fra le braccia dei 5 Stelle, ancora più indebolito, poi ci sarà la coalizione di destra al governo e quello che dovremo costruire noi: il polo del buon governo e della serietà”.
E di nuovo striglia gli elettori colpevoli di aver votato – secondo lui – per i partiti sbagliati. “Noi abbiamo offerto l’alternativa al populismo, gli italiani hanno scelto di andare avanti sulla strada del populismo”. A farsi carico di spiegare il mancato sorpasso su Forza Italia è, invece, l’ex azzurra Mara Carfagna.
“Non conta il sorpasso o non sorpasso, ma la rappresentanza che si è in grado di offrire all’elettorato di riferimento – dice – Oggi FI è sostanzialmente irrilevante. La voce dei liberali è irrilevante in una coalizione dove la somma fra FdI e Lega, i due partiti a trazione sovranista e populista, è il 34%”.
Ma Calenda però oltre al danno potrebbe anche registrare la beffa, perché Renzi potrebbe ottenere più seggi di lui in Parlamento. Quello stesso Renzi che da Tokyo garantisce che Giorgia Meloni “non è un pericolo per la democrazia”.