Sono passati dieci giorni da quando Carlo Calenda ha annunciato la sua candidatura a sindaco di Roma e da quel momento si sono moltiplicati i suoi attacchi a Virginia Raggi. Un continuo fuoco di sbarramento in cui il leader del partito Azione non risparmia occasione per critiche, con l’ultima che lo ha visto tuonare contro la prima cittadina rea di aver presentato ufficialmente il Piano di conservazione dello stadio Flaminio, ossia la struttura sportiva realizzata nel 1960 e progettata dall’architetto Pier Luigi Nervi, che dovrebbe costituire la base per i futuri interventi di riqualificazione. Uno strumento flessibile che permetterà di andare oltre “la rigidità del vincolo di tutela”, apposto nel 2018 dalla Soprintendenza di Roma, coniugando la conservazione e “le istanze della contemporaneità e della sostenibilità economica”.
Così, presentandosi come l’uomo che rimetterà le cose a posto, ha commentato questo annuncio su Twitter: “La sfida vinta per la Raggi è aver presentato uno studio sullo stadio Flaminio. Non ci sono fondi o un piano di lavoro. Questa non é neanche la politica degli annunci, é la politica che pretende di prendere per fessi i cittadini. E a Roma va avanti da troppo tempo”. Parole forti che hanno subito scatenato un vespaio di polemiche con i grillini che hanno fatto quadrato attorno alla sindaca. Tra i più critici l’assessore al Personale capitolino, Antonio De Santis, secondo cui “Calenda in piena campagna elettorale pontifica e bacchetta senza sosta e impartisce lezioni a chiunque. Oggi si prende una pausa dagli attacchi al Pd e accusa Virginia Raggi di prendere per fessi i cittadini”.
Tuttavia, prosegue De Santis, “non è difficile ricordare come Calenda, durante il suo incarico da ministro dello Sviluppo Economico, riuscì nel record fallimentare di non risolvere nessun tavolo di crisi aziendale lasciando in eredità 162 dossier non risolti e migliaia di posti di lavoro in bilico. Alla faccia del prendere per fessi i cittadini… Ilva, Alitalia, Fincantieri, Almaviva, Mercatone Uno e tutti gli altri. Calenda dovrebbe riavvolgere il nastro e ricordare quanti lavoratori trattò come fessi. Ma si sa che l’umiltà non è la sua dote principale”. Duro anche il capogruppo di M5S in Campidoglio, Giuliano Pacetti, che sui social ha scritto: “Sei quello che ha messo i fantamiliardi sul Tavolo per Roma, noi ci occupiamo di cose concrete. Manchi di credibilità”.
Il riferimento, non tanto velato, è agli ultimi anni di carriera politica del neo candidato. Basti pensare che nel febbraio del 2018, quando rivestiva il ruolo di ministro dello Sviluppo Economico, in un dibattito pubblico raccontò, con una battuta, che non si candiderebbe “neanche morto e se lo facessi sarei un cialtrone”. Senza dimenticare come l’anno successivo, dopo aver fatto il pieno di voti nel Pd è diventato europarlamentare. Peccato che poco dopo Calenda, a causa dell’accordo di governo con i 5S, ha lasciato il partito per fondarne uno tutto suo. Uno sgarbo che non lo ha fatto desistere dal chiedere al suo ex partito l’appoggio alle prossime elezioni per il Campidoglio. Candidatura che sembra in salita tanto che la proposta è stata rispedita al mittente col segretario del Pd di Roma, Andrea Casu, che ha detto: “Ad oggi, malgrado aperture e disponibilità nostra, è una candidatura che lui sta costruendo contro tutto quello in cui il Pd crede”.