Quest’anno, con i mondiali in Qatar, siamo arrivati all’anno zero del calcio. Antonello Riva, ex star del basket e oggi rinomato dirigente sportivo, se tu oggi fossi un calciatore, considerato il presunto scandalo corruttivo e la questione dei diritti negati ai lavoratori che hanno realizzato gli impianti a Doha e dintorni, ti saresti trovato in difficoltà a scendere in campo?
“Ci tengo a precisare che l’aspetto politico-lavorativo non dovrebbe entrarci nulla con quello sportivo. Poi è chiaro e naturale che al giorno d’oggi le due cose coincidono. Detto questo sapere che ci sono state così tante vittime per la costruzione degli impianti in Qatar, non mi avrebbe lasciato indifferente e tranquillo. Al contempo credo che il problema della sicurezza sul lavoro che in Qatar è stata gravemente insufficiente non dovrebbe gravare sulle spalle dello sport o almeno non soltanto su di esso. Certo è vero che lo sport è sempre stato un mezzo potente per lanciare messaggi e sensibilizzare l’opinione pubblica ma mi rendo conto che oggigiorno, specie nel calcio che muove interessi economici enormi, ciò è sempre più difficoltoso ed è un peccato”.
Non trova che il mondiale in Qatar, dove è vietato perfino esibire una bandiera arcobaleno, sia la prova che ormai il calcio più che uno sport è diventato un ricco business dove contano soltanto i soldi?
“Purtroppo la sensazione è quella. Le faccio presente che già negli anni in cui ho giocato in nazionale c’era una grande differenza tra lo sport che praticavo, il basket, e il calcio. La nostra nazionale veniva seguita da venti giornalisti, quella calcistica da duecento e tutto ciò la dice lunga sull’interesse e l’importanza, soprattutto economica, esistente tra i due movimenti sportivi. Un gap che col tempo non si è ridotto ma è addirittura cresciuto. Comprendo che si tratti di logiche di mercato ma non posso che notare che qualcosa nel tempo si è perso in fatto di valori e principi. Guardi non è sbagliato dire che trent’anni fa, quando giocavamo noi, le cose erano ben diverse visto che si giocava quasi solo per lo spirito competitivo e per l’amore nei confronti della maglia azzurra. Facevamo grandi sacrifici e andavamo a giocare in qualsiasi occasione, perfino in estate, semplicemente per la passione verso lo sport e tutto ciò che significava. Fossi stato oggi un giocatore della nazionale, sia essa di calcio o di basket, forse mi sarei adeguato alla situazione globale”.
Intanto in Italia fanno clamore le dimissioni di tutto il cda della Juventus. Uno scandalo che si aggiunge ai tanti che hanno funestato il mondo del pallone italiano. Come si spiega che uno sport che dovrebbe promuovere valori di correttezza e rispetto sia arrivato a questo punto?
“Sembra che ci si stia allontanando sempre di più da quei concetti puri della competizione sportiva. Più salgono gli interessi attorno allo sport e più è facile incorrere in questi tipi di scandali. Non posso che dire che mi dispiace non poco che tutto ciò stia diventando la normalità. Fortunatamente non tutto è perduto perché le Olimpiadi, pur davanti a interessi economici enormi, sembrano essere l’ultima competizione dove ci si misura solo e unicamente con le prestazioni degli atleti”.
Non sarà che nelle olimpiadi il calcio, pur essendo presente, ha un ruolo marginale e hanno più spazio le altre discipline?
“Nella stragrande maggioranza degli sport l’interesse economico non è cresciuto ma è fermo a qualche decennio fa, quando predominavano i valori sani e puri su cui si basa lo sport”.
Nelle televisioni italiane si parla solo di calcio. Ciò in contrasto con quanto accade negli altri Paesi, come la Spagna o la Grecia, dove non si vive di solo pallone. A suo parere c’è un disegno a monte affinché nel nostro Paese si segua solo il calcio?
“Sembra non ci sia alternativa ma la realtà è che non la si vuole vedere. Negli anni ‘80 diedero una finale di coppa dei campioni in televisione di basket e l’audience fu altissima, pressoché sovrapponibile a quella di una finale di champion’s league di calcio. Diciamo che il basket poteva e ha i mezzi per fare ottimi ascolti. Ma non possiamo negare che il calcio muova un fiume di denaro estremamente maggiore di quello di tutti gli altri sport. Detto questo vedere solo calcio in televisione, specie sul servizio pubblico, spinge i nostri giovani ad avvicinarsi solo ed esclusivamente a questo sport. Sarebbe necessario dare, almeno sulle reti nazionali, più spazio ad altre discipline e speriamo che qualcuno si muova in tal senso”.
Qual è, secondo lei, lo stato dello sport in Italia?
“Il problema più grosso penso sia quello degli impianti. Nel ‘89, quando giocavo io, andammo a disputare gli europei a Zagabria ed entrammo in cinque strutture diverse. Ebbene la più piccola aveva una capienza di 5mila posti. Adesso a Milano si utilizza il forum di Assago che, prima di tutto si trova in un altro comune, e la capienza non è adeguata. Ma il problema non è solo negli stadi ma anche nelle strutture di allenamento. Guardi noi italiani siamo ingegnosi e riusciamo a trovare soluzioni nelle difficoltà, tanto che alcune medaglie olimpiche sono state vinte da atleti che si sono allenati nei sottoscala. È un cosa veramente ridicola nonché un grande peccato perché abbiamo potenzialità sterminate ma vengono frustrate dalla mancanza di investimenti”.
Da sempre la politica italiana, in campagna elettorale, promette il rilancio di tutto lo sport a partire dagli impianti – che oggi lasciano molto a desiderare – e per finire con l’attività fisica nelle scuole. Peccato che poi questi proclami vengano puntualmente dimenticati. Come se lo spiega?
“Il nodo impiantistico non riguarda solo gli stadi ma anche scuole e palestre. Un problema che nelle strutture minori è addirittura peggiore tanto che sembra tutto sia fermo al primo dopo guerra. Riguardo alla politica posso dire che fa sempre così, va a caccia di voti e dopo prova a far quadrare i bilanci con il risultato che lo sport viene sempre sacrificato. Si tratta di un modus operandi che non riguarda soltanto lo sport ma che comunque è deludente e per questo non posso che sperare che l’Unione europea, stanziando fondi e imponendo interventi, riesca a smuovere le acque”.