Dopo un’offensiva lampo, i gruppi jihadisti hanno conquistato Damasco e abbattuto il regime di Bashar al-Assad. Elia Morelli, esperto di geopolitica e redattore di Domino, cosa succederà ora in Siria?
“Adesso la Siria si trova a un bivio e vedo due possibili scenari. Il primo è la trasformazione in un regime sotto il controllo dei jihadisti, con la creazione di uno Stato fragile, probabilmente guidato da Abu Muhammad al-Jolani. La seconda, che ritengo più probabile, è che la Siria diventi uno Stato fallito, come già avvenuto in Libia, con gruppi armati e bande rivali pronte a scontrarsi frammentando ulteriormente il Paese. Del resto, i jihadisti hanno condotto un’offensiva sorprendente e devastante, conquistando Damasco, Aleppo, Homs e Hama. Tuttavia, il resto della Siria è ancora sotto il controllo di altri attori, che cercheranno in ogni modo di mantenere il potere nelle loro aree di influenza”.
Sui media italiani, i gruppi islamici che hanno rovesciato il sanguinario dittatore siriano vengono chiamati “ribelli”. Ma chi sono davvero?
“Il gruppo principale è Hayat Tahrir al-Sham (Hts), guidato da al-Jolani, che nel 2011 aveva fondato una milizia armata all’indomani dello scoppio della guerra civile in Siria. Si tratta di un movimento inizialmente leale ad Al-Qaeda, che si è poi avvicinato all’Isis di Abu Bakr al-Baghdadi, salvo distaccarsene a causa di divergenze interne. Hts è animato da un’ideologia estremista e jihadista, basata sul sunnismo di matrice salafita che fa parte dell’Islam radicale. Per questo, mi aspetto la creazione di un regime altrettanto violento come lo è stato quello di Assad. E francamente non credo alle parole di al-Jolani, che in un’intervista alla CNN ha cercato di presentarsi come un leader moderato per migliorare la sua immagine a livello internazionale”.
Come mai in Occidente c’è chi esulta per quanto accaduto a Damasco?
“Premettendo che Assad è stato un dittatore particolarmente cruento, non credo ci sia molto da festeggiare. A mio avviso, siamo di fronte a una sconfitta della civiltà. Questo perché mi aspetto la creazione di un altro regime sanguinario, una maggiore frammentazione della Siria e il proseguimento della guerra civile, con ulteriori sofferenze per la popolazione”.
In queste ore si sente dire che i veri vincitori in Siria sono Erdoğan e Netanyahu. Può spiegarci perché?
“Il vero vincitore è la Turchia di Erdoğan, che, assieme al Qatar, ha finanziato ed equipaggiato i gruppi jihadisti. Questa strategia rientra nell’ambito del Patto Nazionale del 1920, volto a estendere i confini della Turchia. Infatti, a mio avviso, Ankara mira a prendere il controllo della parte settentrionale della Siria per aumentare la profondità difensiva e contrastare gli attacchi verso i centri urbani del sud-est anatolico. Inoltre, Erdoğan vuole eliminare definitivamente il movimento curdo e affermare la Turchia come potenza regionale. Diversa è la posizione di Israele. Da un lato, la caduta di Assad indebolisce l’asse della resistenza che permetteva all’Iran di rafforzare Hezbollah. Dall’altro, c’è il timore di un regime jihadista guidato da al-Jolani, che non è amico di Israele. Voglio ricordare che Al-Jolani è un sunnita-salafita che ha esultato per la morte di Nasrallah, leader sciita di Hezbollah, ma ha anche commemorato Yahya Sinwar, l’ex mente di Hamas ritenuto la mente degli attentati in Israele di un anno fa, dopo che questo è stato eliminato dalle forze armate dello Stato ebraico”.
Iran e Russia vengono descritti come i grandi sconfitti. È d’accordo?
“Sì, sono d’accordo. Il grande sconfitto è l’Iran, che ha visto un altro duro colpo al proprio asse della resistenza, concepito dal defunto generale Qasem Soleimani per consolidare il ruolo di Teheran come potenza regionale. Tuttavia, l’Iran mantiene una presenza sul territorio attraverso milizie sciite nella parte orientale della Siria. Anche la Russia esce sconfitta. Assad era un alleato strategico per Mosca, al punto da aver concesso a Vladimir Putin l’utilizzo di diverse basi militari in Siria. Nonostante tutto, il Cremlino cercherà di trovare un accordo con al-Jolani per preservare queste installazioni”.
Con la costituzione di un regime islamista in Siria, la minaccia jihadista in Europa potrebbe tornare?
“Il rischio c’è sempre. Credo che Hayat Tahrir al-Sham tenterà di presentarsi come un regime moderato davanti alla comunità internazionale, ma all’interno della Siria radicalizzerà ulteriormente la propria ideologia. In questo scenario non si può escludere che alcuni gruppi jihadisti possano sfruttare la situazione per pianificare attentati in Occidente”.