di Clemente Pistilli
Incassata dall’Italia l’ennesima brutta figura. Il Belpaese è uscito sconfitto da un contenzioso con il Regno Unito, ignorando che la residenza di un ambasciatore deve essere considerata sede diplomatica, e a peggiorare la situazione è subentrata la solita giustizia-lumaca tricolore, che per emettere una sentenza su una concessione edilizia negata ha impiegato ben diciassette anni. La vicenda riguarda Villa Wolkonsky, sulla collina dell’Esquilino, residenza ufficiale dell’ambasciatore britannico in Italia, fatta costruire nell’Ottocento dalla principessa russa Aleksandrovna Zinaida, a lungo ritrovo di scrittori e musicisti, come Stendhal, Walter Scott, Gogol’ e Donizetti, e nel 1951 venduta agli inglesi. Un immobile di pregio, con annesso parco, che si sviluppa su undici ettari e custodisce anche 36 arcate dell’acquedotto di Nerone e tombe romane. Nell’ormai lontano 1994 gli inglesi chiesero al Comune di Roma una concessione edilizia per demolire alcuni manufatti “di alcun pregio e in pessimo stato di conservazione, presumibilmente abusivi, precari, fatiscenti e pericolosi, oltre che almeno in parte ricadenti nella fascia di rispetto dell’acquedotto romano”. La Sovrintendenza diede parere positivo, ma il Comune, dopo un silenzio lungo 14 mesi, si oppose, sostenendo che doveva essere presentato un progetto di restauro per l’intero complesso edilizio. In quel momento in Campidoglio sedeva Francesco Rutelli, a Palazzo Chigi Lamberto Dini e alla Farnesina il ministro Susanna Agnelli. La determina comunale venne trasmessa, per “le vie diplomatiche”, dal Ministero degli affari esteri all’Ambasciata britannica di via XX Settembre. Gli inglesi non la presero diplomaticamente e direttamente il Regno Unito fece ricorso al Tar del Lazio. Numerosi i punti su cui hanno battuto gli uomini di Sua Maestà, tra cui quello che, pur essendo quella della villa area vincolata, trattandosi di sede diplomatica erano previste deroghe al Prg. Ma per i romani sede diplomatica è solo quella di via XX Settembre. Dopo diciassette anni la sentenza del Tar, che accoglie il ricorso degli inglesi e annulla la determina comunale. Il restyling ora è possibile e l’annuale festa per il compleanno della regina Elisabetta II potrà essere ancor più sfarzosa. God Save the Queen. E per i giudici anche l’ambasciatore.