Definire ciò che sta accadendo in Francia una “sorpresa” significa essersi persi gli ultimi vent’anni di storia politica d’Oltralpe: per la terza volta negli ultimi 20 anni, domenica 24 aprile, l’estrema destra si gioca le elezioni presidenziali al secondo turno. Marine Le Pen e Emmanuel Macron dopo avere incassato al primo turno rispettivamente il 23,15% e il 27,84% (leggi l’articolo) sono già nel pieno delle due settimane di campagna conclusiva prima del ballottaggio.
E la candidata Le Pen potrà spingere ancora più forte sulla xenofobia, sull’antieuropeismo e su un conclamato sovranismo che nonostante i danni sotto gli occhi di tutti (l’invasione di Putin è solo lo zenit di una pandemia sovranista che da anni infetta il mondo) continua a godere di ottima salute. Il clan Le Pen (un partito familistico è solo uno dei tanti indizi) dall’inizio del secolo ha raggiunto gli stessi ballottaggi della destra moderata e uno in più della sinistra. Ogni volta le percentuali sono cresciute: dal 19% del 2002, si è passati al 26% del 2017 e poi al 32% di oggi, se si aggiungono i voti ottenuti dal candidato del Rally Nazionale e quelli di Eric Zemmour e Nicolas Dupont-Aignan.
E se nel 2017 le proiezioni elettorali immaginavano 20 punti di distacco per Macron, eletto poi con il 66% dei voti, le proiezioni odierne danno al presidente francese con al massimo un 8% di differenza, di fronte a un’avversaria che lui ha superato al primo turno (anche se non con la facilità che ci si immaginava fino a qualche giorno fa) ma che potrebbe avere una riserva di voti per il ballottaggio senza confronti con il passato. Sembrano lontani i tempi in cui al secondo turno vinceva Chirac sull’estrema destra con l’82% dei voti. Ora tutti gli analisti sono d’accordo con una sfida serrata, nonostante resti più probabile la conferma di Macron. I numeri sostanzialmente ci dicono che il risultato dell’estrema destra rientra quindi in una naturale crescita addirittura prevedibile e, per molti, pericolosa.
L’elezione di Marine Le Pen a Presidente della Repubblica sarebbe un attacco allo Stato di diritto, una regressione nella lotta al cambiamento climatico e un’inversione di visione nelle alleanze internazionali, tra l’altro in un momento storico delicato come questo, con la guerra alle porte. Macron ha 14 giorni per riuscire a concentrare su di sé i voti del terzo blocco che esce fortificato dal primo turno, quel Melenchon che con il 21,95% ha sfiorato il ballottaggio e che ancora dalle nostre parti viene visto come “estrema sinistra” senza rendersi conto (o senza volersi rendere conto) che raccoglie il voto di chi contesta il paradigma economico e sociale esistente senza scivolare verso autoritarismi.
Il gioco di continuare a dipingere Melenchon come l’effetto di una “radicalizzazione”, come se fosse un Zemmour all’opposto significa insistere nel banalizzare o addirittura infantilizzare le voci dei giovani (che mica per niente hanno votato molto più Melenchon di Macron) che chiedono una maggiore equità sociale e una maggiore attenzione alle persone, anche a scapito del profitto.
Ieri il segretario del Pd Enrico Letta (pronto a candidarsi subito come fulgido esempio del paternalismo tiepido che concima i fascismi di ritorno) in un’intervista è riuscito a paragonare i nostri amici di Putin (Salvini, Meloni e Berlusconi) a Le Pen (che dalla banca di Mosca ha attinto allegramente con un prestito milionario), Zemmour (candidato razzista che ha irritato perfino i razzisti francesi) e quello stesso Melenchon che diventa fondamentale per provare a vincere al secondo turno. “Sinistra-sinistra”, dice Letta rivolgendosi a quel 21,95% di francesi che sono stufi di un liberismo travestito da sinistra omeopatica interpretato da Macron come accade qui da noi con diversi personaggi politici, tra cui un’ex Presidente del Consiglio.
La lezione è sempre la stessa: mentre la destra pericolosa e oscurantista continua a guadagnare posizioni (nonostante la passata amicizia con quel Putin criminale agli occhi del mondo) i cosiddetti progressisti sono tutti concentrati nel normalizzare il pericolo della destra al potere e nel demonizzare la cosiddetta “sinistra” in cui infilano tutti coloro che osano mettere in discussione lo status quo.
Sapete dove ci porterà questa miopia? Esattamente nel punto in cui siamo, con la Francia che trema di fronte a Le Pen e con l’Italia che si prepara a una falcata vittoriosa di Meloni e Salvini (ormai in quest’ordine) per spendere poi paginate di sorpresissimi commentatori e segretari di partito incapaci di leggere la realtà. Buona fortuna alla Francia e buona fortuna anche a noi.