Dal “Non ci sto!” dell’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, pronunciato a reti unificate al cospetto della Nazione nel 1993 in pieno scandalo Tangentopoli. A quello del senatore di Forza Italia, Massimo Mallegni. Che ha rispedito al mittente l’invito a partecipare alla commemorazione per il centenario della nascita dell’ex Capo dello Stato in programma questa mattina, a Montecitorio, nella Sala della Lupa.
A colpi di mail – “Li ho diffidati dal continuare a mandarmi altre mail”, si inalbera il parlamentare azzurro contattato da La Notizia. “Intendiamoci: massimo rispetto sul piano umano per una persona peraltro scomparsa (Scalfaro è morto nel 2012, ndr) – sottolinea -. Ma su quello politico sono indignato dal fatto che si organizzino queste celebrazioni, per giunta con tale enfasi, in onore del peggior rappresentante delle Istituzioni della storia repubblicana”. Ma come mai Mallegni ce l’ha tanto con Scalfaro? “Da Presidente della Repubblica è stato un uomo di parte, favorendo la caduta di un Governo (Berlusconi, ndr) eletto nel 1994 per poi continuare, dal ‘Non ci sto!’ in avanti, a rappresentare in maniera singolare, autocratica e oligarchica la funzione di Capo dello Stato”. Insomma, una brutta parentesi della storia repubblicana, secondo Mallegni, chiusa solo dall’elezione al Quirinale del suo successore: “Meno male che poi abbiamo avuto il presidente Carlo Azeglio Ciampi e oggi Sergio Mattarella che, a mio avviso, hanno rappresentato e rappresentano il massimo che si possa esprimere come Capi dello Stato aderenti ai principi della Costituzione”. Poi l’ultima stoccata: “Se facciamo tutto questo per Scalfaro, cosa dovremmo fare per Ciampi? Indire un giorno di festa nazionale?”, conclude il senatore di FI.
Giudizi controversi – Non si può dire che il giudizio sull’eredita politica di Scalfaro, cui non mancano ancora oggi molti ammiratori, sia unanime. Di certo fece discutere quello storico “Non ci sto!” in risposta all’ex direttore del Sisde Riccardo Malpica, arrestato proprio nel 1993, che lo aveva accusato di aver intascato cento milioni di vecchie lire al mese, provenienti dai fondi riservati dell’ex servizio segreto civile, tra il 1983 e il 1987. Periodo durante il quale Scalfaro occupò la poltrona di ministro dell’Interno nei Governi guidati da Craxi e Fanfani. Malpica fu indagato insieme ad altri funzionari per “attentato agli organi costituzionali”. Condannati nel 1994, furono poi e prosciolti nel 1996 per decorrenza dei termini (ma senza formula piena).