di Stefano Sansonetti
Se non è un caso poco ci manca. Pare proprio che all’interno di Confindustria non abbiano preso molto bene le idee “rivoluzionarie” sull’euro di Giuseppe Di Taranto. Il quale, di mestiere, fa il professore di storia dell’economia alla Luiss, proprio l’ateneo dell’associazione di viale dell’Astronomia, di cui peraltro è consigliere di amministrazione. Ma è anche, dettaglio di non poco conto, tra i più recenti firmatari del Manifesto di solidarietà europea. Parliamo del gruppo, ormai arrivato a contare sul sostegno di 21 economisti europei, che propone un’uscita controllata dalla moneta unica, in particolare dei paesi di forti del Nord-Europa. Il Manifesto, come rivelato da La Notizia di ieri, ha in cantiere per il prossimo 12 aprile un maxi-evento a Roma dal titolo più che eloquente: “Uscita dall’euro-istruzioni per l’uso”. Apparentemente è fumo negli occhi di Confindustria, che ha reagito non proprio “teneramente” alla notizia del coinvolgimento di Di Taranto nel Manifesto e nella sue iniziative.
Lo scontro
Con una precisazione inviata a La Notizia, infatti, la confederazione prende a dir poco le distanze dall’economista della Luiss. Vi si legge che “l’adesione del professor Di Taranto è a titolo personale. Confindustria è europeista convinta e pro euro”. Insomma, le iniziative dell’economista non sembrano essere state molto gradite dagli industriali guidati da Giorgio Squinzi. Anche se qualche osservatore fa notare come, in realtà, Confindustria stia guardando con attenzione al Manifesto, magari non per condividerne i contenuti, ma per monitorarne gli sviluppi. Sta di fatto che si è creato imbarazzo. Di Taranto, contattato da La Notizia, non ha certo usato toni morbidi. “Confindustria avrebbe dovuto scrivere a me su questo tema e non ai giornali”, ha esordito. “Alla base c’è una lettura distorta del Manifesto”, ha aggiunto, spiegando che “i firmatari non sono certo contrari all’euro, ma sono convinti che debbano essere cambiate le regole del suo funzionamento”. Detto questo, però, è sin troppo chiaro che Confindustria abbia preso le distanze da Di Taranto proprio perché l’associazione è a favore della moneta unica, almeno così spiega, senza stare a badare alle distinzioni fatte dal Manifesto. “Ma Confindustria dovrebbe leggerselo meglio”, ha incalzato l’economista della Luiss, “perché in esso non si dice che l’Italia deve uscire dall’euro ma che il problema vero è la permanenza della Germania nella moneta unica”. Il ragionamento è che il paese guidato da Angela Merkel “ha un eccesso di esportazioni che l’hanno messo sotto osservazione anche da parte della Commissione europea. All’eccesso di esportazioni da parte della Germania corrisponde il deficit degli altri paesi, vincolati da un sistema che non consente più di emettere moneta né di svalutare”. Ragion per cui, ha concluso Di Taranto, a questi stessi paesi “non rimane che emettere debito pubblico, sempre in euro e con banche centrali che non hanno più nessuna manovrabilità”.
La proposta
Per il Manifesto, allora, o si cambiano le regole o la Germania deve uscire dalla moneta. Certo è che il gruppo sta facendo discutere sempre di più, soprattutto dopo l’adesione di personalità come Frits Bolkestein, ex commissario europeo, e di Jacques Sapir, economista francese che di recente ha teorizzato l’opportunità per la Francia di uscire dalla divisa unica.
Twitter: @SSansonetti