“Porterò dati mica chiacchiere”. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria sembra sicuro del fatto suo. Al termine della due giorni in Lussemburgo – prima l’Eurogruppo, poi l’Ecofin – entra nel vivo il negoziato con l’Ue per scongiurare la procedura d’infrazione. Ma l’Europa, pur ribadendo che le porte sono aperte, stringe i tempi anticipando addirittura la scadenza del 9 luglio – giorno in cui l’Ecofin potrebbe formalizzare la procedura d’infrazione – per registrare passi concreti da Roma.
L’Italia avrebbe tempo una settimana per dare risposte significative. Potrebbe già essere il collegio dei commissari del 26 giugno a raccomandare l’apertura della procedura. In questo senso il prossimo consiglio europeo del 20-21 giugno a cui prenderà parte il premier Giuseppe Conte sarà cruciale. I ministri dell’Ecofin “hanno confermato le valutazioni della Commissione Ue sull’Italia” riguardo ai conti pubblici, ovvero che una procedura d’infrazione è giustificata. A riferirlo è il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis. “Abbiamo posto le basi di ciò di cui discuteremo, degli obiettivi del negoziato”, ha detto il ministro dell’Economia dopo l’incontro con il commissario Ue, Pierre Moscovici. E alla domanda se fornirà nuovi dati prima del 9 luglio il ministro ha risposto: “Certo che porto dati mica chiacchiere, quelli di fine luglio riguardano altri numeri che usciranno e mi aspetto miglioreranno ancora in termini di maggiori entrate e maggiori risparmi”.
Il riferimento è al tesoretto su cui Tria e Conte fanno affidamento per ridurre il deficit dal 2,4% del Pil – soglia indicata nel Def – al 2-2,1%. Si tratta di 4-5 miliardi derivanti dall’andamento delle entrate tributarie – Iva soprattutto – dagli utili delle aziende di Stato, più i risparmi provenienti da quota 100 e reddito di cittadinanza. I dati su questo tesoretto potrebbero arrivare, appunto, a fine luglio ma è difficile che l’Ue possa non considerarli. “Continuiamo il dialogo, avviamo i negoziati: l’unico problema è che siamo a metà anno e non ci sono i documenti ufficiali, dobbiamo vedere come dimostrare quello che stiamo facendo”, ha spiegato Tria. Che, con il premier, calerà comunque queste cifre sul tavolo della trattativa.
Rimane fermo il no a manovre correttive: “Dobbiamo raggiungere il deficit indicato che è anche compensativo del mancato raggiungimento dell’obiettivo del 2018, come lo otteniamo non implica un problema di nuove misure, pensiamo di arrivarci senza variazioni legislative”. L’Ue ritiene che una correzione dei conti da parte dell’Italia sia “necessaria”, perché “bisogna ridurre il debito e non aumentarlo”, tiene il punto Dombrovskis. E se i dati su maggiori entrate e minori spese non dovessero bastare si fa avanti l’idea di replicare il congelamento di un ammontare da usare quest’anno nel caso in cui non fossero rispettati gli obiettivi 2019.
Ma Bruxelles vuole impegni credibili anche per il 2020. E qui per Tria si apre un’altra partita: quella con le forze della maggioranza. Nel menù della prossima manovra non ci sono solo la sterilizzazione degli aumenti Iva e la correzione strutturale del deficit ma anche la flat tax su cui insiste la Lega di Salvini. Per il titolare del Mef il braccio di ferro a Roma è ancora più pesante di quello che lo vede impegnato a Bruxelles.