C’è chi lo ha maturato rimanendo in carica appena una settimana e senza aver mai messo piede in Parlamento. Chi sfacciatamente lo cumula ad altri assegni, per esempio quello da ex consigliere regionale o europarlamentare. Per non contare chi, come la lunga pletora di ex avvocati, medici, docenti universitari e pure giornalisti, lo cumula con altri lauti trattamenti pensionistici. Senza mollare un centesimo, tutto in nome dei “diritti acquisiti”. Avanzando addirittura l’ipotesi di fare ricorso se qualcuno decidesse di intervenire. Per gli italiani, i vitalizi degli ex parlamentari restano ancora oggi uno dei bocconi più indigesti da ingoiare. Simbolo di una classe politica sempre pronta a mettere mano alle pensioni dei “comuni mortali” ma mai alle proprie. Che infatti sono sempre lì, intoccabili, nonostante la tanto sbandierata riforma del 2012. La quale vale sì per i nuovi eletti, che a 65 o 60 anni, a seconda degli anni che passeranno fra gli scranni, incasseranno assegni più “magri” rispetto a quelli loro predecessori (cifre comunque di gran lunga superiori se confrontate con quelle che percepiranno milioni di giovani lavoratori); ma che ha fatto salve le vecchie rendite, e che rendite, maturate con l’assai più vantaggioso sistema retributivo. A cominciare da quelle di deputati e senatori di lungo corso: da Pier Ferdinando Casini (9 legislature alle spalle) a Rosy Bindi (Pd), da Renato Brunetta (Forza Italia) al premier Paolo Gentiloni (Pd). Di questo e molto altro ancora parla Orgoglio e vitalizio, il libro-inchiesta di Primo Di Nicola, Antonio Pitoni e Giorgio Velardi (giornalista de La Notizia) che esce oggi in edicola e in libreria edito da “Paper First”.
Pensioni loro – Un lungo viaggio che comincia dal lontano 1999, quando sul settimanale l’Espresso Di Nicola ha pubblicato per la prima volta i nomi e gli importi delle pensioni dei parlamentari, per arrivare ai giorni nostri. Con quegli stessi nomi che si ripetono e gli importi degli assegni che lievitano. In certi casi, raggiungendo cifre ragguardevoli se comparate con gli anni passati a Montecitorio o Palazzo Madama. A cominciare da quelle incassate da alcuni dei “primatisti” del vitalizio. Come l’ex presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini, che ai 6.939 euro netti che gli vengono versati mensilmente dal Senato somma pure la pensione da ex docente universitario, altri 3.225 euro. O dal numero uno dell’Associazione bancaria italiana (Abi), Antonio Patuelli, che dopo nove anni in Parlamento ogni trenta giorni porta a casa un assegno da 3.011 euro netti. Una vera manna. Ma non solo. Perché spesso il vitalizio diventa addirittura una questione “di famiglia”, come accade a quattro illustri coppie della politica italiana di cui parlano i tre autori: Clemente Mastella (6.939 euro netti) e sua moglie Sandra Lonardo (5.000 euro lordi come ex consigliera regionale della Campania), l’ex sindaco di Torino Piero Fassino (5.296) e Anna Maria Serafini (6.411), Achille Occhetto (6.583) e Aureliana Alberici (4.581) e l’ex presidente della Regione Campania Antonio Bassolino (6.478 euro più il vitalizio regionale) e Annamaria Carloni, che lo percepirà al termine di questa legislatura.
Ricalcolo – Da qui la proposta di Di Nicola, Pitoni e Velardi, indirizzata agli Uffici di presidenza di Camera e Senato: elevare il limite d’età per la percezione del vitalizio allo stesso livello previsto per i comuni lavoratori (66 anni e 7 mesi), introdurre un tetto massimo al vitalizio di 5 mila euro lordi al mese e – infine – ricalcolare tutti i vitalizi in essere con il sistema contributivo in vigore dal 2012. Laura Boldrini e Pietro Grasso faranno loro questo appello? Vedremo.