Territori ridotti a una pattumiera. Colline artificiali spuntate da cave dismesse e poi riempite con spazzatura di ogni tipo. Per milioni di metri cubi di rifiuti speciali dispersi e tumulati in ogni dove. Benvenuti in provincia di Brescia. Siamo nell’ormai ribattezzata terra dei fuochi del nord che, stime alla mano, riesce a fare peggio di quella più nota di Caserta e dintorni. Nelle terre di Gomorra, secondo le stime di Legambiente, sarebbero stati dispersi 10 milioni di metri cubi di monnezza. Niente a che vedere con quanto interrato nel territorio bresciano dove sarebbero stati sversati quasi 57 milioni di metri cubi di veleni. Un calcolo dettagliato e documentato condotto dallo storico dell’Ambiente, Marino Ruzzenenti, che attraverso un carteggio molto approfondito (dati Ispra) mette in luce i dettagli del disastro. Un’invasione di discariche senza eguali in Europa. Oltre cento, considerando quelle in attività, quelle cessate (e non bonificate) e quelle fantasma. Con il picco a Montichiari: 14 per ora. In un paese che conta soltanto 25 mila abitanti. Tutto legale, per carità. Ma a pagare il prezzo più alto sono sempre e soltanto i poveri cittadini costretti a vivere con i veleni vicini di casa. Sono gli studi effettuati da Arpa, Ispra e Iss a evidenziare una concentrazione media di diossina nel sangue umano e nel latte materno superiore a quella registrata in Campania. E tutte le conseguenze sanitarie del caso.
PIATTO RICCO MI CI FICCO
La massiccia presenza di industrie metallurgiche, che notoriamente producono grosse quantità di rifiuti speciali, di per sé non è sufficiente a giustificare l’enorme quantitativo di rifiuti smaltiti in un anno a Brescia e dintorni. Con circa un milione di tonnellate di rifiuti speciali importati ogni anno (su un totale di 5 milioni complessivamente smaltiti) emerge tutta la vocazione al business della monnezza. Un piatto succulento che rappresenta una vera e propria gallina dalle uova d’oro per i proprietari degli impianti di smaltimento. Basti pensare che nel 2012 nelle discariche bresciane è stata interrata una quantità di rifiuti speciali pari al 72,7% di quelli tumulati in tutta la Lombardia. Il 14,3% di quelli sotterrati nell’Italia intera. Una media di 342 tonnellate per chilometro quadrato. Dieci volte sopra la media nazionale. E a distanza di pochi anni secondo l’esperto Ruzzenenti esistono ragioni tali per pensare che le proporzioni siano rimaste grossomodo le stesse. E se dal 2006 al 2009 si era registrata una tendenza alla diminuzione nell’interramento dei rifiuti, dall’anno successivo si è ripartiti più forti di prima. Senza contare, sempre a Brescia, gli affari con l’inceneritore più grande d’Europa.
TERRENO MINATO
Dalle scorie radioattive all’amianto non manca proprio niente. Rifiuti tossici sono finiti anche sotto le autostrade Milano-Brescia e la nuova BreBeMi. Decine le indagini giudiziarie in corso. Ma è il caso Caffaro, scoppiato nel 2001, ad aver fatto drizzare le antenne. Si tratta di una delle più inquinanti industrie chimiche presenti a Brescia per oltre un secolo. Con fanghi tossici, diossine, Pcb e chi più ne ha più ne metta, dispersi per anni nell’ambiente senza alcuna precauzione. È da quella data in poi che sono venute alla luce una serie di discariche abusive in tutta la provincia. Estese fino alla Franciacorta, terra di vigneti pregiati che rischiano sempre più di essere ricoperti di spazzatura. In questa area il censimento della locale sezione di Legambiente ha evidenziato la presenza di una ventina di discariche abusive riempite di veleni incontrollatamente. E delle bonifiche nemmeno l’ombra.