Dopo la vittoria del Leave al referendum britannico sulla Brexit, un’altra consultazione popolare si annuncia in un Paese membro della Ue e della Nato, l’Ungheria. E non sarà nemmeno una consultazione di poco conto. Sarà infatti un difficile e importante test per capire, ancora una volta, la “voglia d’Europa” nelle opinioni pubbliche dell’Unione. Il capo dello Stato ungherese, Jànos Ader, ha formalmente comunicato che è stata scelta la data del 2 ottobre per il referendum in cui i cittadini magiari saranno chiamati a dire se accettano o no una ripartizione di quote di profughi e migranti decisa dall’esecutivo europeo.
Vista la forte paura verso l’immigrazione – specie dopo la grande ondata dell’estate scorsa, e la costruzione della barriera di filo spinato alla frontiera serba, poi prolungata a quella croata – e considerata l’altissima popolarità e il carisma del premier nazionalconservatore Viktor Orban, ideatore della consultazione, una vittoria del no sembra quasi scontata. E questo potrebbe creare, ovviamente, seri problemi nella gestione dei migranti a livello europeo.
Da tempo Orbàn si è detto assolutamente contrario alla politica europea della ripartizione in quote e in questa sua linea dura trova il consenso della grande maggioranza del Paese. La polemica va avanti ormai dal settembre scorso, quando l’Unione europea aveva deciso di ripartire in altri Paesi per quote 160mila profughi da Italia e Grecia, aree di transito sovraffollate. Secondo i piani di Bruxelles l’Ungheria avrebbe dovuto accoglierne 2300 circa, ma il premier ungherese si è subito opposto, e in dicembre ha sporto denuncia alla Corte europea di giustizia contro l’idea dei contingenti di profughi e migranti da ripartire. Da allora, egli aveva cominciato a parlare di referendum.