Boom di firme contro l’Autonomia differenziata: vicino il traguardo delle 500mila

Ora contro l'Autonomia differenziata ci sono anche i sardi azzurri: "La legge Calderoli complica i problemi dell’isola”.

Boom di firme contro l’Autonomia differenziata: vicino il traguardo delle 500mila

Non c’è ancora il dato ufficiale ma manca poco. Il traguardo delle 500mila firme per il referendum sull’Autonomia differenziata sarebbe stato già raggiunto. O ci manca pochissimo, una manciata di ore. E questo a pochi giorni dall’apertura della piattaforma informatica per raccogliere le sottoscrizioni anche on line.

A fare il conto è stato, tra gli altri, il segretario della Cgil. “Siamo già a 350mila solo on line ed altre centomila sono state raccolte ai banchetti”, ha dichiarato Maurizio Landini.

“350 mila firme in pochissimi giorni. Questo vuol dire che molto probabilmente nelle prossime 36 ore raggiungeremo il quorum e quindi la soglia delle 500mila firme”, ha affermato mercoledì in una nota il leader dei Verdi, Angelo Bonelli.

S’allarga il fronte contro l’Autonomia leghista anche nel centrodestra

Intanto il fronte contro l’Autonomia si allarga. Non solo la Calabria governata da Roberto Occhiuto (Forza Italia) è all’attacco dell’Autonomia differenziata. Anche dagli azzurri del centrodestra sardo si levano voci critiche nei confronti della riforma cara alla Lega.

“La legge Calderoli complica l’attuazione del principio di insularità: quale ‘autonomia differenziata’ vuol fare lo Stato per le Regioni più ricche del Paese, se prima non affronta il tema del ritardo di sviluppo causato dalla condizione di insularità?”. Parte da questo presupposto la lettera aperta che Michele Cossa, esponente dei Riformatori sardi e candidato con Forza Italia alle ultime elezioni europee, ha scritto alla presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde.

Cossa sottolinea che il principio costituzionale dell’insularità “non è la lampada di Aladino, che basta strofinare per risolvere i problemi”.

Secondo Cossa, dev’essere la Regione Sardegna a prendere l’iniziativa, soprattutto sul piano propositivo, oltre che su quello “difensivo”, per tutelare e valorizzare la specificità insulare. Cossa ricorda che l’insularità comporta per le famiglie e le imprese sarde un costo netto annuo di oltre 9 miliardi di euro, un quarto del Pil, rappresentando un ostacolo insormontabile alla competitività della Sardegna.

Lo Stato, sottolinea, “non può ignorare questo dato, essendo oggi costituzionalmente obbligato a promuovere le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità”.

La Sardegna avanza sul ricorso alla Corte costituzionale

Ma la governatrice sarda, Todde, è già di per sé motivata nella battaglia contro la riforma Calderoli.

In attesa del deposito alla Corte costituzionale dei quesiti per il referendum abrogativo, approvati dalle cinque regioni che si oppongono (con la Sardegna anche Emilia Romagna, Puglia, Campania e Toscana), la Regione ha individuato i tre esperti che supporteranno l’avvocatura dell’amministrazione per stendere il ricorso per incostituzionalità da presentare alla Consulta. Lo ha anticipato la stessa governatrice a margine dei lavori della Giunta di ieri.

“Abbiamo coinvolto il professor Antonio Saitta, esperto costituzionalista nazionale, e l’Università di Cagliari e di Sassari, con i professori Andrea Deffenu e Omar Chessa – ha spiegato Todde -: loro ci aiuteranno in questo percorso, perché questa legge mina le fondamenta di specialità della Sardegna”.

L’allarme delle imprese sontro lo Spacca-Italia

La riforma leghista non allarma solo i partiti di opposizione ma anche le imprese. L’ultimo allarme arriva da Federlogistica.

“Con l’autonomia differenziata c’è il rischio di uno scenario devastante per porti e logistica”, dice il suo presidente Luigi Merlo.

Tra i rischi, spiega in una nota, la “proliferazione di aree logistiche, senza programmazione e in assenza di una seria valutazione del mercato di riferimento; mancato sfruttamento, e non solo nei porti del Sud, delle reali opportunità, sacrificate sull’altare di vecchi schemi; il tutto in un quadro di riferimento normativo e quindi anche di gestione finanziaria delle risorse pubbliche che rischia di essere ‘terremotata’ dall’autonomia differenziata”.