In Italia è record di dimissioni volontarie. I dati degli ultimi tre mesi del 2022 parlano di 562mila dimissioni, ben 35 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2021 (+6,6%) di cui, secondo il dato regionale Inps, se ne registrano 152mila solo ne Lazio dove Roma pesa per l’87%.
Nell’ultimo trimestre 2022 hanno lasciato il posto in 152mila. Ma l’87% delle dimissioni volontarie si è registrato nella Capitale
Tra questi nella Capitale si contano 74.735 uomini 49.454 donne. Numeri impietosi legati a condizioni contrattuali precarie con stipendi sempre più bassi. A lasciare il posto di lavoro secondo i dati del Ministero sono soprattutto impiegati (11,85%); commessi e adetti alle vendite (9,29%); operai specializzati (6,24%); operai generici (4,18%).
“Le dimissioni volontarie così alte e in costante aumento fanno emergere un evidente malessere per tante lavoratrici e lavoratori, che non sono più disposti a sostenere ritmi e condizioni che incidono negativamente sulla loro qualità della vita – spiega a La Notizia il segretario della Cgil del Lazio Natale Di Cola -. La precarietà, l’incertezza, l’organizzazione del lavoro e le tante trasformazioni in atto sono elementi che spingono le persone a riflettere sulla loro condizione di lavoro e in tanti casi a lasciarlo. In molti lasciano un lavoro, ma non cambiano il settore in cui sono impiegati, tema che deve interrogarci sulla capacità delle imprese di valorizzare e coinvolgere adeguatamente il personale”.
Ma alla luce di questi dati che cosa si rischia? “Senza scelte importanti Roma e il Lazio rischiano di diventare aree del Paese sempre più povere, non attrattive ed esauste dal punto di vista produttivo – aggiunge Di Cola -. In questa direzione auspichiamo che nel più breve tempo possibile veda la luce il Patto per il lavoro e lo sviluppo sostenibile proposto unitariamente a Roma Capitale e che, appena insediata la nuova giunta regionale, si possa aprire un confronto sugli strumenti, le sperimentazioni e le azioni che la Regione Lazio può mettere in campo per governare le transizioni e le trasformazioni del mondo del lavoro in atto creando occupazione buona e stabile”.
Nel Lazio il 33,5% dei contratti attivati è un part-time involontario
I dati del Lazio sono drammatici. Il 33,5% dei contratti attivati è un part-time involontario. Nei contratti a tempo indeterminato, che non raggiungono il 17% del totale, la percentuale dei part-time è anche superiore alla media con il 35,6%. Mentre i dati forniti dall’Inps sui primi tre trimestri del 2022 evidenziano un’occupazione più precaria e povera a Roma e nel Lazio con poco più di un nuovo contratto su 10 a tempo indeterminato e full time.
Il tempo determinato che riguarda il 55,6% delle nuove assunzioni ha anche una durata temporale estremamente limitata: il 34,5% ha una durata inferiore ai 30 giorni. Il 12,5% dura solamente un giorno, un dato in crescita rispetto al 10% dei primi tre trimestri del 2021. Un ampio utilizzo dei contratti a tempo determinato e di breve durata contribuisce a far sì che nel Lazio il rapporto tra contratti cessati e persone coinvolte sia pari a 2,25, superiore alla media nazionale di 1,63.
Ciò significa che mediamente una persona coinvolta dalla cessazione di un contratto si ritrova in questa condizione più di due volte nel corso di soli nove mesi. All’instabilità lavorativa si aggiunge poi la piaga del lavoro povero e sottopagato. Il 60% dei nuovi contratti attivati riguarda mansioni e figure professionali con basse retribuzioni, una questione che deve interrogare tutti sulla qualità dei settori produttivi della Capitale e del Lazio. Insomma, non c’è da stupirsi di questa valanga di dimissioni.