Le parole del premier Giuseppe Conte non sono bastate a placare il mondo del Terzo settore. Infatti la scelta del Governo di raddoppiare l’Ires (imposta sul reddito delle società), nonostante sia stato preannunciato che verrà rivista ad inizio anno, ha scatenato le reazioni degli addetti ai lavori. Una questione che è ormai sulla bocca di tutti, anche se in pochi sanno cosa sia veramente il Terzo settore e a cosa serva. Si tratta di organizzazioni che producono beni e servizi e gestiscono attività fuori dal mercato o, se operano nel mercato, agiscono con finalità non lucrative. Questo non significa che l’ente non generi utili: anche l’associazione no profit può produrre un attivo, ma la differenza sostanziale con gli altri enti è che questo guadagno non si traduce in profitto, cioè non è distribuito tra i membri dell’associazione stessa. Pertanto, i soldi ricavati vengono messi da parte e reinvestiti per finanziare le attività della stessa azienda e per migliorare i servizi erogati. Dunque, il cosiddetto no profit è una terza dimensione dopo lo Stato (primo settore) e il Mercato (secondo settore).
Parliamo quindi di enti non commerciali come gli istituti di assistenza sociale, enti ospedalieri o associazioni, società di mutuo soccorso, ma anche di fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali. Come la Comunità di San’Egidio o la fondazione scientifica Humanitas di Milano, o ancora la Caritas. Insomma, il Terzo settore racchiude una vera e propria galassia di attività. Ogni associazione o ente, quindi, persegue il suo obiettivo in modo differente, fermo restando il punto comune a tutte che sta nella mancanza di uno scopo di lucro. Come è il caso delle Fondazioni bancarie, che però incrementano il loro patrimonio grazie alle gestioni finanziarie del loro imponente patrimonio. Un mondo variegato e complesso, ben oltre quanto ci si potrebbe aspettare, è quello che emerge dal primo Censimento permanente delle istituzioni non profit, redatto dall’Istat il 20 dicembre 2017.
Un report in cui sono stati messi a confronto i dati dal 2011 al 2016 sull’entità del fenomeno registrava 343mila istituzioni non profit operanti in Italia con un incremento dell’11,6% rispetto a cinque anni prima. Un dato positivo che niente affatto casualmente si inserisce in uno dei periodi più neri dell’economia italiana, in cui evidentemente la richiesta di welfare è salita alle stelle. Non solo. All’interno di questo sconfinato esercito di associazioni ed enti, nel 2016 trovavano posto 5 milioni e mezzo di volontari a cui si aggiungevano oltre 800mila dipendenti stabili. Proprio quest’ultimi risultavano in crescita del 15,8% rispetto alla precedente rilevazione e ciò a riprova che, nonostante i tempi bui attraversati dal Paese, il Terzo settore è uno dei pochi in forte espansione. Per quanto riguarda la distribuzione territoriale delle istituzioni non profit, la maggior concentrazione è nel nord Italia dove sono operative oltre 170mila associazioni, mentre nel Mezzogiorno ce ne sono solo 89mila e al Centro, risultato il fanalino di coda, ne sono attive 75mila. Per quanto riguarda le forme giuridiche, il report rileva come il Terzo settore sia principalmente costituito dalle associazioni riconosciute e non, le quali coprono l’85% del totale. Molto discostate tutte le altre tipologie che vanno dalle cooperative sociali alle fondazioni. Un sistema comunque enorme. Basti pensare che vale, sempre secondo i dati Istat 7 miliardi e 800 milioni di euro, che equivale allo 0,7 del nostro Prodotto interno lordo. Insomma non poco.