Si presenta come un novello Dante. “Nel mezzo del cammin del mio mandato, mi ritrovai per una selva oscura”, dice Carlo Bonomi per raccontare gli ultimi due anni in cui ha guidato l’associazione degli industriali. All’assemblea privata di Confindustria sale in cattedra e distribuisce pagelle a destra e manca.
A Conte Carlo Bonomi non ha mai perdonato gli aiuti ai poveri
Boccia – ma non è una novità – Giuseppe Conte, leader del M5S, che da premier ha dovuto gestire il primo anno di pandemia quando ancora nulla si sapeva del Covid. A Conte non ha mai perdonato l’attenzione ai poveri con l’istituzione del Reddito di cittadinanza e misure impopolari (per le imprese) come il blocco dei licenziamenti.
Non una parola di riconoscimento invece per Conte che, dopo un lungo braccio di ferro in Europa, è riuscito a portare a casa la fetta più grande della torta del Recovery fund. A Bonomi brucia che l’ex premier non abbia voluto accogliere “la nostra proposta organica di riforma collegata degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro, per superare la vecchia Cig, il cui finanziamento grava per ragioni inspiegabili in maniera rilevante solo sull’industria mentre la si estendeva a sempre nuovi soggetti”.
Poco importa che quella Cig abbia consentito a tanti di sopravvivere. Nel tritacarne di Bonomi finisce il ministro Andrea Orlando, colpevole di spendere ogni tanto una parola di sinistra a favore del Reddito di cittadinanza o per promuovere proposte che mettano in riga le imprese come quella di legare gli incentivi alle aziende all’aumento dei salari. Il leader di Confindustria sostiene che il grande patto per l’Italia (pubblico e privato, imprese e sindacati, tutti insieme) da lui proposto e appoggiato dal premier Mario Draghi sia andato a farsi friggere.
Colpa, dice, dei partiti che preferiscono rapporti bilaterali con il premier. E al contempo di una parte del sindacato “che ha sempre risposto che avrebbe solo parlato con il Governo, e non certo con noi”. In questo, spiega, incoraggiati da Orlando che nutre la visione per cui il lavoro non va delegato alle parti sociali ma è la politica che lo decide, spesso ideologica. Bonomi ne ha per tutti, tranne che per Draghi. Non manca di criticare i provvedimenti varati dal governo e le riforme annacquate, per carità.
Il numero uno di Confindustria attacca il sussidistan ma solo quando i soldi non vanno a lui
Ma nessuna responsabilità, secondo lui, ricade sull’ex banchiere che definì a suo tempo come l’uomo della necessità. E che incensa a piè sospinto. Sul banco degli imputati ci finiscono solo i partiti rissosi e pronti a piantare le loro bandierine ideologiche. Gli imprenditori, invece, sono gli eroi civili che hanno tenuto botta in questa selva oscura degli ultimi due anni.
Eppure Carlo Bonomi il censore bacchetta anche alcuni di loro. In Confindustria – sentenzia – non ci può essere spazio per alcun collateralismo politico e partitico. “In alcune parti d’Italia, a un occhio attento, le imprese sono troppo vicine a questo o quel sistema di potere politico”. Bonomi, insomma, un cavaliere senza macchia e paura. Pronto magari un giorno, chissà, a buttarsi nella mischia politica.