Caro Grasso ti scrivo… “Per evitare che questa storia divenga una stucchevole telenovela, la mia risposta sarà chiara e semplice”. Ma nonostante l’incipit, lo scontro a distanza tra il presidente del Senato, Piero Grasso, e il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi, autore dell’ultima missiva, è già diventato un vero e proprio romanzo per lettere. Dopo quella a mezzo stampa della seconda carica dello Stato pubblicata da Repubblica, arriva la replica, sempre in forma epistolare e sulle stesse pagine del quotidiano romano, dell’uomo che per conto di Matteo Renzi gestisce la cassa del Pd.
“Dalle tue parole appare evidente che ti ritieni l’unico parlamentare eletto nelle liste del Pd a non dover pagare la quota che tutti gli altri tuoi colleghi hanno, in tutto o in parte, onorato durante questa legislatura – scrive Bonifazi –. Tu hai deciso di non rispettare il tetto dei 240.000 euro, tu hai deciso di non rispettare le regole del partito che ti ha eletto e che tu stesso hai accettato nel momento della candidatura”. E accusa: “Per giustificarti, fai cenno ad una qualche tardività della mia richiesta – aggiunge –. Questo mi pare un goffo tentativo di spostare l’attenzione. Tu hai l’obbligo statutario di pagare, non io quello di intimarti il pagamento”. Di quegli 83.250 euro che, secondo il tesoriere del Pd, Grasso deve al partito “a prescindere dalla tempistica o dalla costanza del mio sollecito”, respingendo l’accusa del presidente del Senato di aver avuto nei suoi confronti “un atteggiamento ritorsivo”. D’altra parte, prosegue Bonifazi, “qualora la richiesta verso i morosi si fosse limitata alla tua persona, avresti tutte le ragioni per recriminare sulla straordinarietà della richiesta”. Ma poiché “il sollecito ha riguardato tutti gli inadempienti l’accusa di ritorsione politica è assolutamente pretestuosa”. E ironizza: “Per noi siete tutti liberi e uguali. Tu invece ti ritieni molto libero, di non pagare, e per niente uguale, a chi paga. Caro Presidente… il solo dato straordinario è che non hai ancora versato ciò che devi e che potrebbe aiutare famiglie che sono in cassa integrazione in ragione di una legge, quella sul superamento del finanziamento ai partiti, approvata in questa legislatura”.
Infine, “mi stupisce che ‘un ragazzo di sinistra’ – come tu ami definirti – utilizzi l’essere la seconda carica dello Stato in maniera strumentale, come un banale scudo formale per non assolvere ad un dovere sostanziale e persino morale verso la forza politica che a quella carica ha contribuito in maniera decisiva a portarti. Peraltro la tua tesi è smentita dai fatti: i membri dell’Ufficio di presidenza della Camera e del Senato eletti nelle liste del Pd hanno contribuito regolarmente al pagamento del dovuto”. Ma come ammette lo stesso Bonifazi, non c’è solo Grasso nella lista dei morosi. Sarebbero una sessantina i ‘ritardatari’ tra i quali, nelle ultime ore, è partita una vera e propria corsa a mettersi in regola per evitare di non essere ricandidati.