Sorride la premier Giorgia Meloni mentre annuncia in conferenza stampa “l’estensione delle competenze del commissario alla Siccità, per la verifica e il monitoraggio delle opere di drenaggio dell’acqua”. “C’è un passaggio bizzarro perché il commissario alla Siccità oggi si occupi anche dell’alluvione ma è la situazione climatica in cui ci troviamo”, dice Meloni, e dentro quel “bizzarro” c’è l’ignoranza – se non addirittura il negazionismo – di chi crede che siccità e alluvioni siano due fenomeni che si smentiscono e non gli effetti dello stesso male.
Il presidente del Pd, Stefano Bonaccini, che amoreggia con la leader di FdI. Cosa non si fa quando ci sono tanti miliardi in ballo
Al suo fianco Stefano Bonaccini non proferisce verbo. La lotta politica, dice lui e dicono i suoi, deve essere lasciata da parte in nome dell’emergenza. Come si possa non polemizzare con chi non riconosce le vere cause dell’emergenza e quindi a rigor di logica non farà nulla per fermarla è un concetto che sfugge. Ora il presidente dell’Emilia Romagna punta ai ristori – c’è da capirlo – che siano il più veloci e funzionali possibili per aiutare i suoi concittadini a rimettersi in piedi. Ma a suon di ristori, di emergenza proclamate e di sconti fiscali, non si fa altro che aspettare la prossima tragedia.
All’esponente Pd, presidente della Regione, ciò che interessa ora è essere nominato commissario. Il commissario alla ricostruzione dopo l’alluvione in Emilia-Romagna “deve conoscere bene il territorio”, dice Bonaccini riferendosi ovviamente a se stesso. “Riteniamo che Bonaccini sia la figura più adatta a fare il commissario e a gestire questa emergenza perché conosce l’Emilia Romagna e la macchina meglio di chiunque altro. In Emilia è ancora in piedi la cabina di regia per la ricostruzione post terremoto, ed è una macchina già oliata che ha lavorato bene”, spiega l’ex capogruppo al Senato dei dem, Simona Malpezzi.
A spingere sulla nomina di Bonaccini ci sono anche metri della maggioranza come il presidente della regione Calabria Roberto Occhiuto, Vittorio Sgarbi, il presidente ligure Giovanni Toti e il calendiano Osvaldo Napoli. L’ex candidato alla segreteria del Pd tiene un profilo diplomatico ma ha qualche sbavatura: “Sulla nomina del commissario in Emilia-Romagna lascio alla Lega polemiche e speculazioni politiche. Io mi occupo di stare vicino alle popolazioni colpite”. Il presidente dei deputati della Lega Riccardo Molinari gli risponde a stretto giro: “Non c’è nessuno da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega che ha detto no a Bonaccini per una ragione politica, immagino che in questo momento nel governo ci sia una discussione di opportunità”.
Si è in quel bivio in cui le parole vanno misurate ma l’effetto dall’esterno è stordente. Bonaccini ripete che non bisogna chiedersi “se” l’alluvione accadrà di nuovo ma quando e dal governo rispondono che si tratta solo di una sfortunata serie di eventi. “Stefano si sta comportando così per il bene della sua gente, ora occorre unità”, ci dice un senatore del Pd. Sarà. Intanto il centrodestra in Regione avverte Bonaccini. “è evidente che se verranno accettate responsabilità ci aspettiamo dimissioni di massa”, dice la Lega in Regione: “Quello che è stato fatto è troppo poco e forse non è conforme”. Con chi ce l’hanno? Con Bonaccini, appunto. A questo punto la sua nomina o la sua mancata nomina non potrà non apparire un altissimo esercizio di ipocrisia.