Il voto al Parlamento europeo sulla risoluzione sulla difesa Ue, che contiene il sostegno al piano di riarmo di Ursula von der Leyen, ha sancito la spaccatura tra i partiti italiani. A favore della risoluzione si sono schierati Forza Italia e Fratelli d’Italia. Contrari Lega, M5S e Avs. Il Pd, come da pronostici, si è spaccato:11 astenuti, 10 favorevoli.
Queste spaccature nelle rispettive coalizioni di destra e di sinistra potrebbero venire pericolosamente alla luce la prossima settimana quando, martedì al Senato e mercoledì alla Camera, la premier Giorgia Meloni farà le sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo.
Destre alla ricerca di un punto di caduta
Partiamo dalle destre. I lavori per trovare un punto di caduta nella risoluzione che metterà a punto la maggioranza non sono semplici. I tre alleati non avranno difficoltà a ritrovarsi (forse) nel sostegno agli sforzi diplomatici di Donald Trump per porre fine al conflitto in Ucraina.
Fratelli d’Italia mercoledì si è astenuta sulla risoluzione Ue su Kiev perché considerata troppo aggressiva nei confronti degli Usa. Ma sul piano di riarmo le distanze restano enormi.
La Lega, dopo aver suonato la grancassa sulla pace, non può perdere la faccia rimangiandosi il suo no al riarmo. Che invece ha incontrato il voto favorevole di Fratelli d’Italia e di Forza Italia.
Il lodo Giorgetti per provare a ricompattarsi
Ma forse il punto di caduta potrebbe essere trovato nella via di mezzo tra riarmo e priorità per i cittadini più volte rappresentata dal ministro leghista dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
Non a caso ieri c’è stata una riunione fra il leader e vicepremier Matteo Salvini, Giorgetti e altri esponenti leghisti, per fare il punto sul piano ReArm Europe e gli investimenti sulla difesa.
Comprare mezzi militari e altri strumenti per la difesa da aziende italiane, non francesi o tedesche, e chiedere all’Ue la stessa attenzione che ha per le frontiere ad Est anche per il Mediterraneo: è la linea della Lega emersa dalla riunione che si è svolta al ministero dei Trasporti e che sarebbe stata l’occasione per analizzare la situazione complessiva, con il ministro dell’Economia che avrebbe ribadito la sua posizione, già espressa a Bruxelles, sul Piano.
È confermato l’orientamento generale della Lega per cui ogni investimento o piano di difesa non debba penalizzare il debito pubblico, debba impattare il meno possibile, senza toccare i fondi per la Coesione, e coinvolgendo il più possibile i privati.
Il finanziamento della difesa – come ha più volte detto Giorgetti – non potrà avvenire, cioè, a scapito di settori fondamentali per i cittadini, quali ad esempio la sanità e i servizi pubblici.
“Occorre distinguere tra i bisogni immediati rispetto alla necessità di garantire sicurezza e difesa all’Europa”, ha detto Giorgetti. Che ha poi aggiunto: “Se si fa parte di un’alleanza, e quest’alleanza richiede un impegno del 2%, siamo tenuti seriamente a rispettarlo”.
Ma Salvini alza la voce sul no al piano di riarmo Ue
Poi c’è stato il consiglio federale della Lega che ha confermato la linea della prima riunione con Giorgetti. “Sul fronte internazionale l’intero consiglio federale ha confermato la posizione della Lega: invito alla prudenza, no a deleghe in bianco su imprecisati eserciti europei, disponibilità a investire in sicurezza nazionale premiando le imprese italiane, priorità alla pace sostenendo gli sforzi sollecitati dagli Stati Uniti”. E’ quanto si legge in una nota.
“Per il consiglio federale della Lega – viene sottolineato – l’Europa non ha bisogno di ulteriori debiti, di riarmo nucleare o di ulteriori cessioni di sovranità bensì di sostegno a famiglie, sanità e lavoro”.
In fermento non solo la maggioranza, è psicodramma nel Pd
Uguali tormenti a sinistra. Il Pd si è spaccato in due al Parlamento Ue, metà delegazione non ha seguito le indicazioni della segreteria. Il risultato è la prima vera crepa nel partito da quando è segretaria, con Elly Schlein molto irritata con il presidente Pd Stefano Bonaccini, che ha ‘disobbedito’ alla linea ufficiale votando a favore del piano di riarmo.
Tra i più vicini alla Schlein, raccontano, qualcuno a caldo avrebbe persino evocato l’idea di giocare in contropiede: chiediamo noi il congresso anticipato. Una mossa che ha anche una logica, perché come ammette un dirigente della minoranza “se andiamo al congresso ora lei vince col 60%”.
“Serve un chiarimento politico, le forme e i modi li valuteremo”, dice Schlein. In questo quadro scrivere una risoluzione che tenga unito il partito richiederà un lavoro ancora più complicato del solito.
Ma la parte più difficile sarà poi decidere come comportarsi sugli altri documenti, quelli di maggioranza e – soprattutto – quelli dei 5 stelle. Il Movimento di Giuseppe Conte è compatto e granitico nel suo no al piano di riarmo e potrebbe tentare la sinistra dem.
“Abbiamo visto un Pd che si è diviso in Ue, un partito in forte difficoltà. Francamente posso parlare della mia coerenza, oggi non mi sento di andare in casa altrui a fare considerazioni. Ma l’astensione è la cosa più incomprensibile. Di fronte a una von der Leyen che spreca 800 miliardi in armi, senza una difesa comune, tu cosa fai? Dici non mi pronuncio. Non sono d’accordo nemmeno con Prodi, che dice: è un primo passo. Ma è un passo sbagliato”, ha detto Conte.