È solo l’ennesima conferma. Questa volta c’è il bollino scientifico ufficiale: l’Ilva a Taranto ha provocato una strage silenziosa nelle zone limitrofe all’impianto siderurgico, perché “c’è relazione causa-effetto tra emissioni industriali e danno sanitario”, ha riscontrato una ricerca presentata dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Il problema non risparmia nessuno: donne, anziani e bambini. Ma la piaga flagella soprattutto il quartiere Tamburi, uno dei più problematici della città pugliese.
L’ultimo studio mette nero su bianco l’aumento di tumori ai polmoni e ai reni, e alla mammella per le donne. Per quanto riguarda i più piccoli “si sono osservati eccessi importanti per le patologie respiratorie: in particolare tra i bambini residenti al quartiere Tamburi si osserva un eccesso di ricoveri pari al 24%” e del “26% tra i bambini residenti al quartiere Paolo VI”. Nello specifico l’incremento di mortalità per tumore polmonare è pari 5%, mentre il cresce sale al 10% per infarto del miocardio. Infine la mortalità provocata da anidride solforosa c’è un +9% a confermare le preoccupazioni.
Gli scienziati si sono concentrati su 321.356 persone, residenti tra il 1 gennaio 1998 ed il 31 dicembre 2010 nei comuni di Taranto, Massafra e Statte (altri due Comuni vicini allo stabilimento Ilva).
“Abbiamo la possibilità, in prosecuzione grazie al lavoro fatto dall’autorità giudiziaria di Taranto, di verificare quello che sta accadendo”, ha spiegato Emiliano. “Non tutto – ha aggiunto – può essere delegato all’autorità giudiziaria, molto può essere fatto comprendendo e trovando soluzioni. In questo modo c’è la possibilità di capire se esistono lavorazione alternative compatibili con la salute umana”. Il governatore pugliese ha rivolto lo sguardo ai prossimi passi: “Il 10 ottobre a Taranto il consiglio nazionale degli ingegneri ci consentira’ di approfondire l’eventuale prosecuzione dell’Ilva nel rispetto della salute umana. Da oggi possiamo parlare di ciò che è accaduto sulla base di dati scientificamente inoppugnabili. Non vogliamo fare allarmismo, ma mogliamo che le modalità di produzione a Taranto siano compatibili con la salute e la vita umana”
Il documento è stato redatto dal centro salute e ambiente della Regione Puglia, insieme il dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale del Lazio, della Asl di Taranto, di Arpa Puglia e di Ares Puglia.