di Clemente Pistilli
Mandare un figlio a scuola è un salasso. Spese enormi che attualmente difficilmente si possono recuperare in una società che non dà lavoro ai giovani. I libri di testo che un fratello passava all’altro sono ormai solo un ricordo. E quando lo Stato cerca di fare qualcosa per aiutare le famiglie ed evitare gli sprechi, a mettersi di traverso sono gli stessi insegnanti. A rimettere un po’ in ordine le cose ci ha pensato ora il Consiglio di Stato, accogliendo l’appello del Ministero dell’istruzione e salvando il provvedimento con cui è stato posto un freno alle spese pazze per i libri.
Sanguisughe
Non è più un problema di corredino da fare all’inizio dell’anno. I genitori che mandano un figlio a scuola, piccolo o grande che sia, spendono e spendono tanto tutto l’anno. Un investimento pesante, soprattutto quando si parla di libri. Difficile ormai che le famiglie numerose possano sperare che un testo passi da un figlio all’altro. Sta diventando raro anche il ricorso al mercato dell’usato. I libri cambiano di continuo. Arriva un nuovo insegnante e si dice addio ai vecchi testi. Ognuno ha quello di suo riferimento e i genitori degli studenti non possono fare altro che mettere mano al portafogli.
Lo Stato frena
A cercare di dare un aiuto alle famiglie, già in profondo affanno per la crisi economica e il lavoro che si perde in continuazione, cinque anni fa ha pensato il Parlamento. Bene la libertà dei docenti, ma bruciare denaro per cambiare un libro, quando poi le differenze tra l’uno e l’altro non sono enormi, proprio non va. Con una legge del 2008 è stato così stabilito che un testo delle scuole primarie debba essere mantenuto in vigore per cinque anni e delle secondarie per sei anni. Ma, si sa, per ogni legge c’è anche un sistema per eludere la legge. Nella norma del 2008 è stato così stabilito che all’obbligo di adottare i libri di testo con le cadenze previste si può derogare per “specifiche e motivate esigenze”. Facile così per i prof sostenere che un libro non va bene e che deve essere cambiato. Nel 2009, un anno dopo il varo della legge, a mettere una pezza a tale situazione ci ha pensato l’allora ministro dell’istruzione, Mariastella Gelmini, con una circolare che ha abolito quelle deroghe. “Non sono modificabili – specificò la ministra – le scelte fatte dagli insegnanti e dalle scuole nell’arco dei due periodi previsti”. Mai più denaro bruciato per inutili cambi di testi.
I docenti dicono no
Quella circolare anti sprechi non è piaciuta a 21 prof della provincia di Milano, che hanno fatto ricorso al Tar chiedendo di annullarla. Gli insegnanti hanno sostenuto che non potevano essere costretti, arrivando in una scuola dopo un trasferimento o magari al posto di un altro collega, a tenersi libri che avevano scelto i loro predecessori. Il Tribunale amministrativo del Lazio diede ragione ai prof. Meglio far spendere soldi alle famiglie per cambiare testi scolastici che limitare la libertà dei docenti.
La vittoria di Maria Chiara
A ritenere importante aiutare le famiglie degli studenti non è stata però solo la ministra Gelmini. Dello stesso avviso è stata l’attuale ministra Maria Chiara Carrozza. La politica-scienziata ha fatto appello e, con una battaglia in punta di diritto, è riuscita a far ribaltare la decisione del Tar. Visto che i 21 prof ribelli non erano stati toccati direttamente dalla circolare del 2009, il loro ricorso è stato dichiarato inammissibile e la sentenza del Tribunale amministrativo annullata dal Consiglio di Stato. I risparmi degli italiani una volta tanto sono salvi.