Sulla questione delle armi all’Ucraina si è consumato uno degli scontri più duri tra il M5S di Giuseppe Conte e il premier Mario Draghi, tanto da far temere lo showdown dei pentastellati nell’ultima sessione parlamentare sulle comunicazioni del premier in vista del Consiglio europeo.
Il M5S era incerto sulle forniture di armi all’Ucraina. La scissione con Di Maio costrinse tutti a votare a favore
Ma se alla fine i pentastellati hanno deciso di votare la risoluzione sull’Ucraina, che conferma l’impegno sull’invio delle armi a Kiev, è perché Luigi Di Maio nello stesso giorno ha deciso di rompere con i suoi compagni, ormai ex, di viaggio e di costituire una nuova formazione politica.
I contiani quella risoluzione non l’avrebbero mai voluta accettare e si parlava di astensione, di possibile voto per punti separati. Poi è arrivata la scissione di Di Maio in quelle ore e così la scelta di votare il testo è stata dettata dal desiderio di non amplificare troppo il protagonismo del ministro degli Esteri.
Fu proprio il 21 giugno, infatti, quando al Senato la maggioranza era chiamata a votare la risoluzione, che il titolare della Farnesina ha annunciato lo strappo definitivo con il M5S e la nascita del nuovo gruppo ‘Insieme per il Futuro’. Il testo della risoluzione passò con 219 voti favorevoli, compresi quelli del M5S.
Nella versione finale non c’è alcun riferimento allo stop all’invio di armi a Kiev, come inizialmente chiedeva il Movimento: i pentastellati devono farsi bastare un generico passaggio che impegna l’esecutivo a coinvolgere di più il Parlamento nella gestione della guerra in Ucraina e su eventuali, ulteriori forniture di armi all’esercito di Zelensky.
Un boccone amaro da ingoiare per i contiani che, però, non hanno avuto altra alternativa considerando la scissione in corso dell’ex capo politico dei 5Stelle. Scissione che sarà poi ufficializzata in serata dal titolare della Farnesina nel corso di una conferenza stampa all’Hotel Bernini. In quella sede Di Maio commenta soddisfatto il voto finale sulla risoluzione.
Qualora il M5S, è il ragionamento dei contiani non avesse dato il suo via libera, Di Maio avrebbe avuto ulteriori motivi per scagliarsi contro i suoi ex colleghi. I dimaiani, da parte loro insistono. Il M5S, fanno sapere, era pronto a far cadere il Governo e avrebbe portato l’Italia su posizioni anti-Nato. Come ha detto il senatore Ipf, Vincenzo Presutto, a La Notizia: “Lo conferma anche l’endorsement dell’ambasciatore russo al M5S arrivato proprio in quei giorni”.
E alla vigilia del vertice tra Draghi e Conte, Di Maio non smette di attaccare: “Non si può in un momento così difficile per l’Italia continuare a picconare il Governo. Minacciare crisi a giorni alterni non fa che creare problemi al Paese”. Secondo il ministro degli Esteri non è il momento di “seguire sondaggi o il calo dei consensi”.
Ed è a suo dire “surreale” che “forze politiche passino il tempo a parlare di se stesse mentre il governo è seduto al tavolo” Nato. Beppe Grillo intanto sul suo blog rilancia un articolo sulla “Fenomenologia del tradimento e del traditore”. Nel testo, scritto due anni fa da Pasquale Almirante, si sostiene che “questo nostro è forse il tempo in cui tradire non lascia traccia nell’animo del traditore che con ogni probabilità non si sente neanche tale. Talvolta può perfino tendere a sentirsi un eroe”.