Fonti dell’intelligence irachena e giordana riferiscono che l’Isis continua ad avanzare. Nell’ovest dell’Iraq le milizie tribali sunnite hanno occupato un valico di frontiera con la Giordania, dopo che le truppe irachene si sono completamente ritirate. La notizia è arrivata poche ore dopo l’annuncio che la Giordania ha chiuso la frontiera con l’Iraq.
Almeno 57 persone sono state uccise in un attacco di un gruppo armato contro un convoglio che trasportava prigionieri a Hilla, città a cento chilometri a sud di Bagdad. Lo ha riferito l’agenzia d’informazione Dpa, secondo la quale negli scontri tra forze di polizia e militanti armati hanno perso la vita 50 detenuti e sette assalitori, mentre tre agenti sono rimasti feriti. Secondo invece il sito d’informazione iracheno al-Masallah, che cita fonti della provincia di Babilonia (dove si trova Hilla), negli scontri sono morti cinque detenuti e 10 poliziotti sono rimasti uccisi o feriti. Il convoglio attaccato stava trasferendo i detenuti dalla prigione di al-Aqrab verso un altro centro do reclusione nel sud della città.
Oggi il segretario di Stato americano John Kerry è atterrato nella capitale irachena per una visita a sorpresa che sottolinea le paure degli Stati Uniti sulla situazione nell’ovest del Paese, dove l’avanzata dei ribelli jihadisti dell’Isis, sostenuti dalla minoranza sunnita e da ex militari del partito Baath di Saddam Hussein, non accenna a fermarsi.
La visita arriva dopo tre giorni di fuoco per l’esercito iracheno, che ha perso il controllo di numerose città (Rutba, Rawah e Ana le ultime), di due valichi con la Siria e di uno con la Giordania, garantendo di fatto ai ribelli rifornimenti oltre il confine, nelle zone della Siria controllate da altri gruppi jihadisti, tra cui proprio lo Stato islamico dell’Iraq e della Siria (Isis).
L’incontro tra Kerry e il premier iracheno al-Maliki avrà toni non del tutto amichevoli, dato che gli Stati Uniti stanno facendo pressioni diplomatiche molto forti affinché il governo sciita di Bagdad, alleato strettamente con gli sciiti iraniani, faccia importanti concessioni alla minoranza sunnita, disinnescando così un importante alleato dei jihadisti.
Un portavoce del dipartimento di Stato Usa ha spiegato che Kerry “discuterà azioni da parte degli Usa per assistere l’Iraq che fronteggia questa minaccia e farà pressioni sui leader iracheni” per la formazione “di un governo che rappresenti gli interessi degli iracheni”. Parole che, tradotte, significano un passo indietro di al-Maliki, ovvero le sue dimissioni.
La situazione militare è difficile per l’esercito iracheno, che negli ultimi giorni è stato rafforzato – secondo quanto dichiarato – da centinaia di migliaia di sciiti e dalle milizie di al-Sadr, note per aver combattuto contro le truppe statunitensi. Ma l’avanzata nella provincia di Anbar, quella a maggioranza sunnita al confine con la Siria, è sembrata inarrestabile e ha costretto le forze regolari a una “ritirata tattica” che sa molto di rotta.
La conquista di Rutba, snodo sull’autostrada tra Bagdad e due passaggi di confine con la Siria, è un brutto colpo per il governo, ma ora a preoccupare è che i ribelli puntano alla città di Haditha: la conquista di questo centro chiave darebbe agli jihadisti il controllo di parte della rete elettrica irachena e metterebbe a rischio la grande diga che vi sorge, la cui distruzione causerebbe enormi allagamenti. Buona parte dell’esercito è stato schierato proprio a difesa di Haditha.