Dopo anni di gestione disastrosa delle finanze, tanto da far scattare il commissariamento, le scelte fatte per amministrare i fondi del Campidoglio dalla sindaca Virginia Raggi e dalla sua giunta sembrano essere state giuste. La strada intrapresa dai pentastellati appare quella corretta. E questa volta non si tratta di un proclama M5S, ma dell’analisi compiuta dai magistrati della Corte dei Conti, che hanno passato al setaccio la gestione finanziaria di Roma Capitale dal 2017 al 2019, verificando anche alcune delle più recenti operazioni.
Un controllo in sostanza sull’intera amministrazione targata 5S. Non mancano ovviamente le criticità. Ma anche su questo fronte, stando al rapporto depositato ieri salla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per il Lazio, i nodi principali, quelli fatti della troppa polvere messa per anni sotto il tappeto se non molto peggio, sono gli stessi su cui da tempo batte la sindaca e per i quali la stessa anche di recente ha cercato soluzioni.
IL PUNTO. I magistrati contabili, ultimata l’indagine sui bilanci capitolini, hanno specificato che “dal controllo svolto sulla documentazione trasmessa è emersa una sostanziale regolarità degli andamenti in un contesto di adeguata implementazione dei nuovi istituti dell’armonizzazione contabile, l’assenza di tensioni immediate sul piano della gestione della liquidità e il rispetto del limite di indebitamento nel periodo considerato”.
Nessuna altra voragine insomma è stata prodotta nelle disastrate casse capitoline dai pentastellati, costretti a fare i conti con una pesantissima eredità. Nel rendiconto 2019, l’ultimo disponibile, risulta comunque una ancora “significativa” presenza di residui attivi datati, che la Corte dei Conti evidenzia “richiede un’accelerazione dell’attività di riscossione delle entrate e di ricognizione e definizione delle posizioni più risalenti, con particolare riguardo ad alcune tipologie di crediti vantati anche nei confronti della Regione Lazio”.
Consistente poi l’incidenza sul bilancio capitolino di accantonamenti a fini prudenziali, resi necessari dall’esigenza di assicurare una congrua copertura alle passività potenziali e tali da comprimere la capacità di spesa corrente dell’ente. Roma Capitale viaggia in pratica con il freno a mano tirato. I magistrati contabili insistono particolarmente sulla piaga delle società partecipate, quelle su cui fin dall’inizio hanno provato a cambiare rotta i 5S, anche se al momento il risultato dei cambiamenti è ancora tutto da vedere e le incognite restano numerose.
Nello specifico, per la Corte dei Conti, sono rilevanti le risorse da destinare al Fondo perdite partecipate, “la cui attendibile determinazione è stata inficiata, nel tempo, dalla grave anomalia legata ad annosi ritardi e carenze nell’approvazione dei bilanci da parte di numerose società e organismi partecipati”. Un fronte su cui il Campidoglio, anche ai magistrati, ha ribadito di aver preso diverse iniziative per il recupero delle gestioni pregresse.
Dall’istruttoria svolta sono del resto emerse carenze strutturali datate proprio sul piano della governance del sistema delle partecipazioni detenute dall’ente, in particolare riguardo alla riconciliazione delle posizioni di debito/credito e, più in generale, all’assenza di un sistema informativo idoneo a rilevare i rapporti finanziari, economici e patrimoniali tra Roma Capitale e i suoi organismi partecipati. Tanto che i magistrati hanno chiesto una complessiva rivalutazione della concreta efficienza del sistema dei controlli interni. Grande infine l’attenzione prestata alla situazione di Ama.