Nella crisi di Gaza Biden ondeggia: da una parte sostiene Israele, ma dall’altra propone la soluzione “due Stati, due popoli” invisa a Israele. Non si capisce che gioco faccia.
Willy De Santis
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Gentile lettore, in verità si capisce fin troppo bene. Con la campagna per la Casa Bianca in corso, nessun candidato si sogna di scontentare le lobby ebraico-sioniste e il grande mondo finanziario ad esse collegato, il mondo dei Rockefeller, Rothschild, Goldman, Sachs e tante altre dinastie ebraiche, che controllano anche un’enorme fetta di stampa e tv negli Usa. Però dall’altra parte i sentimenti del pubblico stanno mutando, e non poco, sulla questione palestinese. Gli orrori perpetrati dagli israeliani a Gaza contro civili e bambini hanno sdegnato anche l’America, soprattutto l’elettorato dem. Biden quindi è tra l’incudine e il martello, e soffre anche un calo di consensi su altri fronti. Secondo un sondaggio condotto nei 7 “swing states” (gli Stati storicamente determinanti per vincere le elezioni), il 60% degli elettori gli attribuisce la colpa del caos in Texas al confine col Messico in tema di migranti. Quanto alla questione palestinese, Biden si barcamena, ma ogni toppa è peggiore del buco. L’altro giorno ha varato un ordine esecutivo che prevede sanzioni contro 4 coloni ebrei in Cisgiordania responsabili di violenze, uccisioni, espropri forzati di case e terre: 4 su 750mila coloni variamente colpevoli di furti e/o uccisioni. È una sanzione futile, ridicola. Eppure, prima ancora che Biden firmasse, il ministro israeliano Bezalel Smotrich già gli lanciava l’accusa di essere un “antisemita”. Auguri.
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