L’obiettivo, ora, è evitare l’escalation. Per il presidente Usa, Joe Biden, l’invito al premier israeliano, Benjamin Netanyahu, è solo uno: prendersi la vittoria, rivendicarla, ma non attaccare. Il presidente statunitense ha dato pieno sostegno a Tel Aviv, ma evitando un ampliamento del conflitto. E se Israele dovesse attaccare, lo farà da solo, senza partecipazione Usa.
La Nato ha criticato l’aggressione, ma la risposta di Israele non deve ora essere immediata e non deve andare a colpire il territorio iraniano. Come a dire che sarebbe meglio, al massimo, colpire le milizie alleate in altri Paesi. Intanto il G7 ha condannato l’aggressione e ha chiesto all’Iran di cessare gli attacchi, anche se la stessa Teheran ha già assicurato che l’azione – più dimostrativa che altro – è finita.
Iran, i timori di Biden e della Nato per le reazioni di Netanyahu
Restano, però, le preoccupazioni per le reazioni di Netanyahu. D’altronde gli Usa erano contrari anche all’azione a Damasco che ha poi portato al contrattacco iraniano, ma Israele è andata comunque avanti. E il timore che il premier decida di nuovo in autonomia sembra aleggiare sui leader Usa e Nato. Per Biden, Tel Aviv potrebbe voler coinvolgere gli Usa in un conflitto più ampio. Anche perché Netanyahu ha bisogno di un conflitto sempre maggiore per restare al potere. E sembra disposto anche a un’escalation.
Per Biden questo potrebbe avere anche altre conseguenze, con il voto di novembre sempre più vicino. E il presidente Usa non vuole giocarsi la rielezione per la furia bellicista di Netanyahu. Inoltre, c’è da arginare anche un fronte globale opposto, nel quale Russia e Cina provano a inserirsi sperando in segni di debolezza degli Usa. Insomma, in gioco non c’è solo un conflitto locale, ma anche un delicato rapporto di forza internazionale in cui nessun attore vuole tirarsi indietro ma, allo stesso tempo, nessuno vuole davvero l’escalation.
L’ambasciatore iraniano all’Onu, Saed Iravani, intanto ha spiegato che Teheran “non ha avuto altra scelta che esercitare il proprio diritto all’autodifesa“. In occasione della riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza ha sottolineato come non sia stato condannato l’attacco israeliano dell’1 aprile al consolato iraniano a Damasco e così il suo Paese non ha “avuto altra scelta che esercitare il suo diritto all’autodifesa”.