Se c’è una certezza nella politica italiana è che Mario Draghi non è indifferente al fascino dell’elmetto. Dal momento dello scoppio della guerra in Ucraina, infatti, il premier si è imposto come il leader europeo che più di tutti si è fatto portabandiera dell’impegno militare, seppur indiretto, per aiutare il presidente Volodymyr Zelensky.
Draghi si è imposto come il leader europeo che più di tutti si è fatto portabandiera dell’impegno militare in Ucraina
Una linea di condotta che il presidente del Consiglio, anche nel pieno della crisi politica e davanti ai mal di pancia del Movimento 5 Stelle e della Lega che più volte hanno chiesto di ripensare alla strategia italiana nel conflitto, non ha nessuna intenzione di modificare. Lo ha detto chiaro e tondo durante le comunicazioni al Senato quando ha spiegato che “come promesso nel mio discorso di insediamento, e da voi sostenuto in quest’aula, questo governo si identifica pienamente nell’Unione Europea e nel legame transatlantico”.
“L’Italia deve continuare ad essere protagonista in politica estera. La nostra posizione è chiara e forte nel cuore dell’Ue, del G7, della Nato” ha spiegato prima di confermare che “dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina in ogni modo, come questo Parlamento ha impegnato il Governo a fare con una risoluzione parlamentare”.
In parole semplici, Draghi si tiene l’elmetto e annuncia che il suo governo continuerà ad inviare armi all’Ucraina perché, spiega, “come mi ha ripetuto ieri al telefono il Presidente Zelensky, armare l’Ucraina è il solo modo per permettere agli ucraini di difendersi”.
“Allo stesso tempo, occorre continuare a impegnarci per cercare soluzioni negoziali, a partire dalla crisi del grano. E dobbiamo aumentare gli sforzi per combattere le interferenze da parte della Russia e delle altre autocrazie nella nostra politica, nella nostra società”, ha concluso.
Strano discorso il suo visto che da gran parte della sua maggioranza, quella che con quel discorso dovrebbe ricompattare, nel tempo ha manifestato crescente insoddisfazione verso l’invio di armi a Kiev. Intendiamoci subito, il presidente del Consiglio spera in una tregua ma non è chiaro come voglia ottenerla. Questo perché nelle sue dichiarazioni, anche in quelle di ieri, lo spazio dedicato al tema delle trattative di pace è sempre piuttosto marginale.
Ma se a parole ha fatto ben poco, nei fatti sembra aver fatto ancora meno tanto che a differenza di altri leader europei, tra cui il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, Supermario ha trovato il tempo per recarsi in Ucraina soltanto una volta e quasi perché costretto a farlo dai suoi stessi colleghi dell’Ue che in quel caso lo hanno fisicamente accompagnato. Insomma se mesi fa Draghi aveva spiegato che “aiutare l’Ucraina vuol dire soprattutto lavorare per la pace”, allora il suo deve essere stato un incarico part-time. Ma c’è di più.
L’amicizia tra Draghi e il presidente Biden ha trasformato l’Italia nel più fedele alleato Ue degli Usa
L’impegno bellicista e atlantista di Draghi non può essere scisso dai rapporti che Mr. Bce ha con gli Stati Uniti e con il presidente Joe Biden. Un’amicizia che ha trasformato l’Italia nel più fedele alleato Ue degli Usa e di conseguenza della Nato – tanto da essere stato a lungo indicato come il nome gradito agli americani per il post Jens Stoltenberg – che ha reso il nostro Paese del tutto subalterno, in fatto di politica internazionale, alla linea dalla Casa Bianca.