di Lapo Mazzei
Sull’orlo del precipizio o prove tecniche di salto nel vuoto? Difficile stabilire con esattezza quale sia l’idea preponderante, dato che i palazzograziolisti di tutti i quotidiani si sono esercitati nel confezionare retroscena più o meno credibili sullo stato d’animo del Cavaliere. La scala cromatica degli aggettivi è stata saccheggiata come non mai, con declinazioni legate alla propria corrente di pensiero. Dunque tutto vero e tutto falso. Ma se uno si limita ad osservare i fatti, non può non notare che se a parlare è l’ex presidente del Senato, Renato Schifani, – “Se Berlusconi fosse condannato all’interdizione dai pubblici uffici, sarebbe molto difficile proseguire l’esperienza del governo Letta” – vuol dire che la situazione è seria, ma non grave. E tale è destinata a restare sino a quando il dividendo politico che il partito del Cavaliere porta a casa stando al governo resterà in attivo. Nel momento in cui il saldo dovesse virare verso il rosso, a staccare la spina non sarebbe il Pdl, ma la storia. Anzi i fatti. Che, per il momento, sono ancora separati dalle opinioni legate alle vicende giudiziarie dell’ex presidente del Consiglio. Fuor di metafora significa che i falchi, ora più che mai, vorrebbero far combaciare i piani ottenendo un unico risultato: far cadere il governo e andare al voto. Le colombe, invece, puntando all’unità del partito, mirando a scindere le questioni, in modo da non irritare troppo il Quirinale, giudice e arbitro dell’intera partita. Ecco perché a tracciare il solco entro il quale si muoverà l’azione del Pdl, anche se la mano che guida l’aratro è quella del Cavaliere, è stato Schifani. Il suo rapporto privilegiato con il Quirinale è una sorta di garanzia sulla strada che porta al salvacondotto del Cavaliere. Che più di un’analista ha individuato in una sorta di grazia in caso di condanna. Sarebbe un modo per uscire dall’angolo senza dover ricorrere alle urne. E poi c’è un altro elemento. All’interno del partito azzurro la corrente più forte, qualcuno parla di Lobby, è quella siciliana che trova in Schifani la punta di diamante. Le ali sono rappresentate da due sottosegretari Simona Vicari (Sviluppo economico) e Giuseppe Castiglione (politiche agricole). In Sicilia, poi, il partito è comandato dall’ex Presidente del Senato e dal vice presidente del Consiglio, e segretario del Pdl, Angelino Alfano. Senza la Sicilia non si va da nessuna parte, essendo un fondamentale serbatoio di voti. E siccome la scuola è quella democristiana, mediare e trattare resta il dogma.
A confermare il quadro, pur con il dovuto beneficio d’inventario, è stato il vertice di ieri, l’ennesimo, a Palazzo Grazioli fra il Cavaliere e i colonnelli del Pdl. Aprendo i lavori dell’ufficio di presidenza Berlusconi ha ribadito che non c’è nessuna divisione tra falchi e colombe. Al contrario, dalle riunioni dei gruppi di Camera e Senato è emerso che “siamo tutti uniti”. A presenti il leader azzurro ha ribadito la volontà di tornare a Forza Italia, che “emoziona più del Popolo della Libertà”, anche se da settembre. E, comunque, sarà la Direzione nazionale a ratificare la decisione. Certo, la riproposizione del tema nome fa andare subito la mente, come un istinto riflesso alle elezioni. Nessuno automatismo insistono i colonnelli del Pdl, ma è inevitabile che le urne restino il convitato di pietra dell’intero dibattito. E poi c’è il quadro politico. Berlusconi non avrebbe nascosto la preoccupazione per la situazione attuale che vive il Paese. Tuttavia, l’ex premier si è detto certo che l’esecutivo, grazie al lavoro del Pdl, riuscirà a portare a termine l’impegno su Imu ed Iva. Ma su tutto pesa come un macigno l’azione della magistratura, divenuta sempre più incalzante. Secondo l’ex premier, infatti, l’accelerazione dei processi negli ultimi due mesi “non può non essere legata al fatto che una parte della maggioranza” (ovvio il riferimento alla giustizialista del Pd) che non vuole un “governo di pacificazione”. Per questa ragione il Pdl dovrà “allestire dei gazebo in tutto il Paese” per raccogliere le firme per i referendum dei Radicali sulla giustizia. Berlusconi, parlando all’ufficio di presidenza, ha lanciato la mobilitazione del Pdl a favore dei referendum Radicali. “Una parte della magistratura è come un’associazione segreta”, ha sostenuto il leader azzurro, “di cui non si conoscono gli aderenti, è necessario attivare e rafforzare un movimento al livello locale, avviare discussioni e approfondimenti su quello che accade nel settore della giustizia al livello provinciale, per spiegare cosa succede nel nostro Paese”. Ai grillini, invece, riserva un’altra stoccata: “Beppe Grillo è un bluff, il suo Movimento è in picchiata e oggi è al 15%”. Nonostante tutto ciò “il governo va avanti”, ha ribadito Berlusconi. Ecco il punto. Il governo è una cosa, le vicende giudiziarie un’altra. Dunque il Cavaliere ha sposato la tesi del doppio binario? Possibile. Soprattutto ora, con i grillini tornati prepotentemente a chiedere le elezioni anticipate. Un vessillo dietro al quale si cela un possibile accordo con il Pd per una maggioranza di “salvezza nazionale”. Un’opzione, quella della coalizione variabile, che inquieta il Cavaliere al punto tale da renderlo particolarmente diffidente nei confronti di chi vorrebbe rovesciare il tavolo ora, senza aver in cambio nessuna contropartita. Sempre meglio la strategia della tela del ragno che quella dei kamizake. O delle pitonesse. Che stritolano ma non sempre uccidono. Non avendo un morso dotato di veleno.