La Germania sì, l’Italia no. Da una parte chi come Berlino ha avuto l’ardire di dichiarare apertamente che l’obiettivo, fissato arbitrariamente dalla Nato, di arrivare al 2% del Pil per le spese militari per ogni Paese membro dell’Alleanza atlantica, è ad oggi una chimera; dall’altra chi come Roma non può evidentemente arrivarci per tanti e tanti altri problemi che toccano il nostro Paese, ma comunque ci si dispiace perché si vede la questione quasi come fosse un fallimento.
E nel fratempo, però, non si disdegna di siglare decreti di pacchetti di armi da inviare all’Ucraina (ovviamente tutti coperti da segreto). Al centro della querelle, come detto, il fatidico 2% del Pil che la Nato chiede ormai da anni, senza che ci sia una scadenza stabile per raggiungere l’obiettivo.
Spese militari, le differenze tra Germania e Italia
L’ultima novità arriva proprio da Berlino. Il governo tedesco ha fatto marcia indietro rispetto al piano che avrebbe dovuto permettere di raggiungere l’obiettivo di portare la spesa militare annua al 2% del Pil su base annua, come richiesto dalla Nato. Secondo quanto riferito dalla Reuters, una clausola in merito alla questione all’interno di una bozza della legge sul finanziamento del bilancio approvata ieri dal gabinetto del cancelliere Olaf Scholz è stata cancellata con breve preavviso, ha detto la fonte.
Così facendo, Berlino manterrà l’impegno di raggiungere l’obiettivo del 2% annuo di spesa militare ma in un periodo di cinque anni. Un passo indietro evidente considerando che lo stesso Scholz in un discorso del 27 febbraio 2022, aveva annunciato un cambiamento epocale: “D’ora in poi, anno dopo anno, investiremo più del 2% del Pil nella nostra difesa”. Ma all’epoca erano trascorsi solo tre giorni dall’invasione russa dell’Ucraina mentre oggi la Germania deve fare i conti anche con inflazione e recessione, senza dimenticare la crisi di consensi che sta travolgendo il governo di Berlino.
Problemi che a quanto pare non toccano Palazzo Chigi. Almeno non per ora. Già, perché più e più volte il governo ha mostrato piena disponibilità ad accontentare i desiderata della Nato. Un bel cambio di paradigma considerando tutti gli atteggiamento che, soprattutto Fratelli d’Italia, ha sempre avuto nei confronti degli organismi internazionali occidentali. Ma tant’è. Al momento, però, anche per il nostro Paese il traguardo del 2% del Pil appare lontano.
A metà luglio i ministri Guido Crosetto e Antonio Tajani sono stati auditi in Commissione proprio in merito alle questioni Nato. E proprio il titolare della Difesa ha affrontato il capitolo spesa militare: “Al momento i nostri piani nazionali prevedono che l’Italia si attesterà nel 2023 all’1,46% per poi scendere all’1,43% nel 2024: una tendenza in negativo e come si può constatare siamo molto lontani dal 2%. Quest’anno – ha continuato Crosetto – l’obiettivo del 2% verrà raggiunto da undici Paesi a cui se ne aggiungeranno nel 2024 altri otto e altri negli anni successivi. In un’ipotetica graduatoria, l’Italia si candida al 24esimo posto per le spese per la Difesa”.
Gli obiettivi Nato sul 2% di spesa
L’anno del raggiungimento del 2% di spesa “non è ancora certo, ma potrebbe essere il 2028”. Non solo. Il ministro non ha negato il timore che il nostro Paese possa essere l’ultimo a raggiungere l’obiettivo, una cosa che lo rammarica e che a suo avviso “non ci possiamo permettere vista la rilevanza strategica dell’Italia e il suo peso nel mondo”», ma al contempo ha anche chiarito che la composizione della spesa nel bilancio non è di sua diretta influenza, potendo egli al massimo proporre.
Guido Crosetto ha quindi aggiunto che l’obiettivo comunque non va accantonato in quanto importante per la difesa dell’Italia stessa oltre che degli alleati, sottolineando, che secondo lui dei livelli adeguati nella capacità di difesa nazionale verranno raggiunti proprio attraverso il perseguimento degli standard Nato al di là di quelli decisi internamente. Insomma, a quanto pare per adesso bisogna rinunciarci. Però l’obiettivo rimane quello: aumentare le spese militari, accontentare la Nato, dirottare fondi sui capitoli armati del bilancio.