di Andrea Koveos
Nel Lazio esiste un’agenzia regionale per i beni confiscati alla mafia (Abecol). Nata il 20 ottobre del 2009, non ha prodotto nulla. Nessuna delibera, nessun provvedimento, nessuno studio, niente. L’Abecol non ha nemmeno uno regolamento di organizzazione interna, come invece possiedono altre agenzie regionali. Nella sede di via Cristoforo Colombo qualcuno ricorda che, in effetti, un regolamento era stato approntato ma sembra che l’ex presidente Renata Polverini ne avesse bloccato all’ultimo momento la pubblicazione sul bollettino ufficiale. Quanto è costato ai cittadini del Lazio? La legge istitutiva dell’agenzia è stata finanziata con due capitoli di spesa per un totale di un milione e 300 mila euro.
Una cifra di tutto rispetto.
Così come il compenso che spetta al responsabile della struttura. Al nuovo direttore dell’Abecol, nominato la scorsa settimana dalla Giunta Zingaretti, è stato aumentato lo stipendio. Il dottor Luca Fegatelli percepirà quasi 156mila euro l’anno, mentre il suo predecessore, Michele Lauriola, guadagnava “solo” 108 mila euro l’anno. Anche il sito ufficiale dell’agenzia lascia molto a desiderare, con alcune sezioni completamente vuote. Nel link “beni confiscati alla mafia” compaiono zero risultati, così come per la sezione “documenti”. L’ultimo comunicato stampa risale all’agosto del 2012 in occasione del premio “di caratura nazionale” alla legalità assegnato al direttore Lauriola dal Comune di Manfredonia nel foggiano.
L’unica voce di una certa rilevanza si può trovare nella sezione bandi. La data è quella del 7 marzo 2013; l’oggetto è una determina firmata dal Dipartimento Istituzione e territorio in cui viene destinato, attraverso la Prefettura di Roma, un milione di euro ad associazioni già assegnatarie di beni confiscati alla mafia. L’agenzia, però, non compare, se non come soggetto proponente, nella persona del suo direttore.
La domanda è: perché l’Abecol, che è dotata di autonomia gestionale, organizzativa, finanziaria e contabile non firma le determine su cui in linea teorica è competente? E’ pur vero che le funzioni dell’Abecol sono limitate e con ristretto margine d’azione. Devono districarsi, infatti, tra le competenze di altri organismi (esclusive come quelle attribuite allo Stato o quelle dell’ Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati). Un confine molto sottile evidenziato anche dalla Corte costituzionale che con una sentenza del 2012 ha dichiarato illegittima la legge della Regione Calabria con cui si voleva istituire l’agenzia regionale per i beni confiscati alle organizzazioni criminali. Una struttura simile all’Abecol ma incostituzionale.
La Regione Lazio, consapevole della delicatezza della materia, aveva stabilito che il direttore dell’Abecol dovesse possedere dei requisiti particolari come, per esempio, l’esperienza nelle direzioni nazionali con compiti di “intelligence, lotta alla criminalità organizzata, lotta al riciclaggio di denaro, lotta all’usura e lotta al terrorismo”. Professionalità sconosciute all’interno di un’Amministrazione regionale e per questo costretta a trovarle esternamente con un aggravio dei costi per i contribuenti. E se per il vecchio direttore Lauriola quelle competenze hanno trovato effettivo riscontro, sul curriculum dell’attuale dirigente Fegatelli sono del tutto sconosciute, essendosi occupato in passato in maniera predominante di rifiuti e ambiente. La sua nomina è stata per questo inopportuna? Assolutamente no, tutto regolare.
La Giunta ha abbassato i requisiti minimi assegnando a Fegatelli, laureato in scienze statistiche, il ruolo “anti crimine”. Requisiti che, almeno, non dovrebbero lasciare dubbi sull’irreprensibilità di chi si trova a gestire beni confiscati alla mafia. Intanto il neo responsabile dell’Abecol ha a disposizione un ufficio in via del Serafico supportato da due dipendenti regionali. Il tutto, fino a questo momento, per produrre unicamente un parere di supporto a un bando, senza potere di firma e senza risultati entusiasmanti.