Una lettera indirizzata a tutti i consiglieri di amministrazione, presidente compresa, oltrché alla Corte dei conti e alla responsabile anticorruzione. A scrivere la missiva il consigliere che rappresenta i dipendenti della Rai, Riccardo Laganà. E oggetto della lettera il paradossale passaggio del programma di Rai2 “Belve”, condotto da Francesca Fagnani, da una produzione interna finché era in seconda serata, a una produzione esterna (con la società Fremantle) non appena si è passati alla prima serata.
Ma entriamo nel dettaglio. “Durante la passata stagione televisiva – si legge nella lettera che La Notizia ha visionato – la produzione Belve è stata realizzata presso lo studio Nomentano tre del centro televisivo Fabrizio Frizzi. I soddisfacenti risultati in termini qualitativi e di ascolti hanno evidentemente convinto la direzione del genere Prime time a rilanciare il prodotto editoriale nella fascia di pertinenza. Ma, come per una sorta di incantesimo, solitamente molto poco trasparente nel processo decisionale, spesso, ciò che approda nel Prime Time esce dal perimetro produttivo interno Rai ed entra nella disponibilità delle solite società di produzione alle quali viene affidato l’appalto parziale o totale”.
Ma non è tutto. Laganà, infatti, entra ancora più nel dettaglio: nel caso specifico, infatti, la prima sommaria spiegazione fonderebbe le ragioni di questa scelta nell’asserita assenza di studi e squadre disponibili. Il problema, però, è che secodno quanto appreso dallo stesso Laganà informalmente “lo studio Nomentano tre era ancora disponibile sia dal punto di vista logistico che di squadra”. Eccon pertanto la richiesta inviata direttamente all’amministratore delegato di Viale Mazzini Carlo Fuortes “di fornire adeguata e dettagliata spiegazione rispetto alla scelta di affidare interamente in appalto la produzione Belve 2023, scelta che peraltro tradisce I propositi più volte dichiarati di un contenimento dei costi proprio in materia di appalti”.
Ma non è finita qui. Riccardo Laganà chiede anche “quali superiori esigenze produttive ed editoriali hanno determinato la scelta di affidare la produzione interamente alla Fremantle svilendo ancora una volta le professionalità Rai a causa di scelte gestionali editoriale produttive sempre più difficili da condividere e comprendere”.
I precedenti
Il problema, però, è che in realtà – come d’altronde sottolineato dallo stesso Laganà – quello di “Belve” è solo l’ultimo caso di passaggio da produzione interna a produzione esterna. Basta scorrere alcuni degli ultimi programmi di successo per rendersi conto di quali e quanti siano prodotti esternamente. E le società sono sempre le stesse: Magnolia, Endemol, Stand By Me, Fremantle.
E i risultati non sempre sono soddisfacenti. Un esempio vale per tutti, per restare sul fronte di Fremantle. Il programma “Che c’è di nuovo”, chiuso dopo nove puntate invece delle oltre trenta previste. Risultati sotto le aspettative, è stato subito detto. Ma in realtà la ragione andrebbe ricercata anche nel fatto che non ci sarebbe stata alcuna condivisione tra la linea del programma e la dirigenza interna che avrebbe dunque abbandonato al suo destino il programma stesso.
C’è però da dire che prima di questo anche un altro programma affidato alla Fremantle si è rivelato un fallimento: “Popolo sovrano”. Anche in questo caso dopo poche puntate il programma, prodotto esternamente, è stato chiuso. Soldi sprecati, secondo molti, e che potevano essere gestiti in altro modo. Basti pensare che, secondo quanto denunciato da alcuni organi di stampa, Belve costerebbe circa 320mila euro in più rispetto alla produzione interna per ogni puntata. Non proprio bruscolini.