Il Movimento 5 Stelle ha presentato una mozione sul salario minimo in Consiglio regionale. Adriano Zuccalà, capogruppo pentastellato alla Pisana, qual è la vostra richiesta e qual è l’obiettivo della mozione?
“La Regione Lazio, come tutte le Regioni, non ha il potere di legiferare per garantire un salario minimo legale, in quanto la sua applicazione rientra nella contrattazione collettiva nazionale, può però far sentire la propria voce in conferenza Stato-Regioni e nelle altre sedi competenti. La nostra mozione va in questa direzione, ovvero impegnare la Giunta regionale, di concerto con le parti sociali e le organizzazioni sindacali, a sostenere tutti gli atti e le misure che portino al regolare avanzamento dell’iter della proposta di legge a prima firma Giuseppe Conte, per un salario minimo orario per i lavoratori, sia pubblici che privati. Abbiamo anche chiesto l’istituzione di una commissione ad hoc, composta da rappresentanti istituzionali e sociali, il cui mandato principale consisterà nel proporre periodicamente l’aggiornamento del trattamento economico orario minimo. Su proposta della commissione l’aggiornamento verrà decretato dal ministro del Lavoro, il quale avrà anche compiti di controllo e monitoraggio sul rispetto delle retribuzioni e sull’andamento della contrattazione collettiva nei vari settori”.
Crede che si riuscirà a votare la mozione in Consiglio e che ci sia speranza che venga approvata? Pensa che la maggioranza possa unirsi alla vostra richiesta?
“Penso che la mozione arriverà in aula, benché questa maggioranza stia dimostrando un notevole lassismo nel portare avanti i lavori consiliari e nel garantire il democratico confronto istituzionale. L’auspicio è che i consiglieri di maggioranza dimostrino di avere a cuore il destino dei lavoratori piuttosto che le posizioni ideologiche”.
Sui 9 euro il governo prende tempo passando la palla al Cnel: pensa che la proposta possa in qualche modo essere in linea con quella delle opposizioni?
“Più che al Cnel, direi che la palla l’ha buttata in tribuna. Sembra che dalla bozza della relazione che il Consiglio Nazionale dell’Economia e Lavoro dovrà presentare a ottobre siano spariti i 9 euro lordi all’ora. Aspettiamo di leggerla, ma appare evidente che le persone nominate dal governo nel consiglio d’amministrazione del Cnel, presieduto da Renato Brunetta, siano tutte molto “vicine” al governo. È proprio questo che ha spinto i sindacati a fare diversi ricorsi, tra cui uno al Tar con il quale si chiede la sospensiva del provvedimento governativo”.
A suo giudizio il governo vuole solo perdere tempo sul salario minimo e poi affossarlo?
“È evidente che questo governo non abbia alcuna intenzione di tutelare i lavoratori, così come non ci sia alcuna volontà di salvaguardare le fasce più vulnerabili della popolazione, come se lo sfruttamento, il disagio o la povertà fossero una colpa. L’abolizione del Reddito di cittadinanza e le modalità con cui è stata gestita l’operazione ne sono un esempio lampante”.
Se la proposta parlamentare non dovesse essere approvata, cercherete di intervenire a livello regionale? Pensate a qualche possibile misura applicabile nel Lazio?
“Come già detto le Regioni non hanno il potere di legiferare in tema di salario, ma saremo in prima linea per difendere una proposta di legge che vuole tutelare i lavoratori garantendo loro una vita dignitosa. La qualità della vita dei cittadini del Lazio è al centro del nostro lavoro, anche per questo stiamo lavorando a una proposta di legge sul Reddito di cittadinanza regionale che possa supportare le migliaia di famiglie in difficoltà, che questo governo ha deciso di lasciare indietro”.