Tutto è successo – neanche a farlo apposta – pochi giorni dopo l’8 marzo: la Commissione Occupazione e Affari sociali del Parlamento europeo ha approvato con 65 voti favorevoli e 16 contrari la direttiva sulla parità salariale. Peccato però che il testo, “approvato in Commissione con una procedura accelerata che bypassa il voto d’aula”, come spiega l’eurodeputata M5S Daniela Rondinelli, ora ha subito una brusca frenata perché “sono state raccolte 113 firme che invece riaprono il capitolo e settimana prossima la plenaria si pronuncerà”. Tra i firmatari? Anche i parlamentari FdI, la cui leader – guarda un po’ – è una donna.
Onorevole, riavvolgiamo il nastro. Qual è la problematica?
In Europa le donne guadagnano in media il 13% in meno degli uomini. In Italia questa cifra è anche un po’ più bassa perché il calcolo si basa sulla retribuzione media oraria, ma questo dato è fuorviante perché i divari retributivi più bassi tendono ad essere collegati, tra l’altro, a una minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Bisogna intervenire.
E la direttiva lo fa?
La proposta della Commissione europea era buona ma noi con il nostro lavoro l’abbiamo ulteriormente migliorata. All’interno dei compromessi raggiunti dai gruppi politici ci sono tutti i 38 emendamenti presentati dal Movimento 5 Stelle. È stata allargata la platea di lavoratrici coinvolte dall’ambito di applicazione della direttiva visto che è stata abbassata a 50 dipendenti la soglia delle aziende coinvolte rispetto ai 250 inizialmente previsti. Inoltre è passato un importante elemento di trasparenza riguardante l’obbligo di pubblicare negli annunci di lavoro il livello retributivo relativo alla posizione aperta. Basta offerte di lavoro in bianco, è una questione di trasparenza ma anche di rispetto verso le lavoratrici e i lavoratori.
Tra chi si è opposto, come detto, c’è anche FdI. Che spiegazione si è data?
Non me lo spiego. Abbiamo oggi una opportunità che è quella di una effettiva parità salariale fra uomini e donne. C’è fretta di iniziare i triloghi con il Consiglio che come è noto ha posizioni conservatrici, basti pensare che in alcuni Paesi il divario salariale è enorme: in Germania al 18,3%, in Austria al 18,9% e in Lettonia al 22,3%. Dobbiamo fermare queste odiose discriminazioni.
La Meloni per ora non ha detto nulla. Si poteva pensare a una svista dei suoi eurodeputati e invece niente…
Con la loro firma tre europarlamentari di Fratelli d’Italia hanno contribuito a riaprire una partita che era chiusa in Commissione. Mi piacerebbe davvero conoscere per quale motivo l’abbiano fatto! Forse fanno parte di quella destra che pensa che queste discriminazioni siano utili per far capire alla donna che deve tornare a casa e occuparsi solo dei lavori di cura. La Meloni si esprima e dica da che parte sta.
Questo voto contrario rallenterà solo l’iter o pregiudica il provvedimento? Quali saranno i prossimi passaggi?
Martedì prossimo ci sarà il voto. Gli europarlamentari voteranno per contestare il mandato negoziale e quindi per riaprire la lotteria degli emendamenti che lo indebolirebbe. Noi lo sosterremo convintamente.