“Il Recovery Fund è l’occasione per archiviare questa stagione di errori e ripartire dalle priorità vere dei cittadini”. Non ha dubbi l’Eurodeputata M5S, Eleonora Evi, alla vigilia della proposta della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sul fondo per fronteggiare la crisi continentale innescata dall’emergenza Coronavirus. “Cosa ci aspettiamo? Basta richieste di tagli alla sanità e investimenti massicci in politiche ambientali e digitale”.
Von der Leyen oggi formulerà la proposta sul Recovery Fund. Cosa vi aspettate?
“Negli ultimi mesi il progetto europeo è entrato seriamente in crisi: abbiamo assistito a reazioni tardive e dichiarazioni improvvide, mancanza di solidarietà e blocchi dei dispositivi medici alle frontiere. Se il Presidente della Commissione europea si è sentita in dovere di chiedere scusa al nostro Paese un motivo ci sarà. Il Recovery Fund è l’occasione per archiviare questa stagione di errori e ripartire dalle priorità vere dei cittadini. Dall’Europa ci aspettiamo: basta richieste di tagli alla sanità e investimenti massicci in politiche ambientali e digitale”.
Si parte dalla proposta franco-tedesca di un fondo da 500 miliardi. Cosa manca per poterla considerare soddisfacente?
“Mi permetta, si parte dalla posizione del Parlamento europeo che è l’unica Istituzione eletta da oltre 400 milioni di cittadini europei. La proposta franco-tedesca è di 2 dei 27 Paesi dell’Unione e noi la consideriamo come un punto di partenza e non di arrivo. Fino a qualche settimana fa la Germania era irremovibile sul no a qualunque forma di emissione di bond europei. È positivo che la Merkel abbia fatto retromarcia, ma bisogna sicuramente fare di più”.
E bisogna fare anche i conti con il muro di Olanda, Austria, Svezia e Danimarca che pretendono più prestiti e meno trasferimenti a fondo perduto. Non teme che alla fine si arrivi a un compromesso che possa penalizzare le ragioni dell’Italia?
“Dobbiamo smettere di ragionare per fazioni. L’Ue è un’enorme comunità che si sviluppa dalla Lapponia a Lampedusa e da Timisoara a Porto. Noi dobbiamo rispondere ai cittadini che hanno perso il posto di lavoro, ai poveri, a chi si ammala per smog, alle imprese che pagano tasse altissime mentre le multinazionali le eludono nei paradisi fiscali. Mi sorprende molto che certe forze politiche come i Verdi in Austria e i socialisti in Svezia e Danimarca possano sostenere posizioni che negano il principio di solidarietà europeo e sposano il più becero nazionalismo. Spero che i vertici europei dei Verdi e S&D prendano dei provvedimenti”.
A proposito dell’Olanda, capofila insieme all’Austria della linea rigorista, i 5 Stelle in particolare hanno sollevato il tema del dumping fiscale. Come si può intervenire? Avete alleati in questa battaglia?
“Su questi temi l’Italia non è sola, ci sono tanti altri Paesi che chiedono regole nuove per il funzionamento del mercato interno. La Conferenza sul futuro dell’Europa, che vedrà la luce fra qualche mese, dovrà essere la sede giusta per cambiare queste vergognose iniquità. Le faccio un esempio: l’ospedale lombardo Humanitas ha fatturato lo scorso anno 1 miliardo di euro e appartiene a Teur s.p.a. la cui proprietà finisce in Lussemburgo e da lì arriva in Olanda, dove c’è una tassazione a zero sui dividendi. Ecco dove finiscono i guadagni generati dai soldi pubblici della Regione Lombardia. Da cittadina lombarda queste storie mi fanno rabbia, tanto più che il sistema sanitario lombardo ha mostrato falle vergognose e responsabilità oggettive che nessuno potrà mai dimenticare o occultare”.
Poi c’è il tema dei controlli sulla destinazione delle risorse del Recovery Fund e degli ambiti entro i quali gli eventuali stanziamenti del fondo potranno essere spesi. Sono vincoli accettabili e quali dovrebbero essere i settori sui quali intervenire?
“È giusto che l’Europa indirizzi gli investimenti: noi per esempio siamo contrari all’utilizzo dei fondi del Recovery Fund e del Green New Deal per l’idrogeno che deriva da fonti fossili. Il Recovery Fund deve investire risorse massicce su transizione verde e digitale, sull’istruzione e sulle piccole e medie imprese. Il modello da seguire è quello del governo italiano che con l’Ecobonus al 110% ha coniugato economia e ambiente. Non a caso, anche le associazioni europee delle imprese si sono complimentate con il Ministro Patuanelli”.