Quota 119. Tanti sono stati cambi di casacca finora. Gli ultimi tre, secondo quanto riportato da OpenPolis, sono stati Marco Rizzone, cacciato dal Movimento cinque stelle dopo aver ricevuto i 600 euro di bonus Covid; Piera Aiello, entrata nel gruppo Misto dopo essere uscita in polemica dai pentastellati; Maria Teresa Baldini passata dal Misto a Forza Italia dopo essere già uscita da Fratelli d’Italia. Siamo dunque alle solite: i cambi di casacca restano una costante al di là delle legislature, dei governi, delle maggioranze e delle opposizioni.
Ed è proprio per questo motivo che il Movimento cinque stelle, nell’ottica di una riforma progressiva dell’attività parlamentare, starebbe pensando di riprendere in mano una proposta di modifica del regolamento di Montecitorio presentata nella scorsa legislatura (precisamente il 28 giugno 2017) da Danilo Toninelli e Federica Dieni. Chiaro l’oggetto del disegno: “Modifiche in materia di disciplina dei gruppi parlamentari”. Una proposta molto chiara e agile (che ritoccava soltanto due articoli del regolamento interno) i cui effetti sono altrettanto chiari e dirompenti.
LE MODIFICHE AL REGOLAMENTO. A dirlo chiaramente d’altronde erano gli stessi proponenti: “La proposta di modifica del Regolamento della Camera che si formula in questa sede ha lo scopo di rafforzare, nel pieno rispetto delle previsioni della Costituzione, il collegamento tra i cittadini e le istituzioni da un lato e dall’altro di scoraggiare la formazione di Gruppi parlamentari finalizzata al reperimento di risorse pubbliche e non da ragioni politiche. Ciò inoltre, nell’introdurre un argine al fenomeno del transfughismo, rappresenta una diretta attuazione dei principi costituzionali in quanto mira a evitare o comunque a contenere le alterazioni nei rapporti tra le forze politiche scaturiti dal risultato delle elezioni”, spiegavano al tempo Toninelli e Dieni.
La domanda a questo punto nasce spontanea: come si potrebbe raggiungere tutto questo? La proposta presentata tre anni fa dai due pentastellati prevedeva innanzitutto “l’immediato scioglimento, attraverso la presa d’atto meramente dichiarativa dell’Ufficio di Presidenza, dei Gruppi parlamentari che abbiano un numero di deputati inferiore al minimo” (20 alla Camera e 10 al Senato) e questo cancellando anche la possibilità di deroga al regolamento di cui oggi spesso e volentieri si abusa. Non solo. Per evitare che un parlamentare possa, appena eletto con un partito o una coalizione, abbandonare l’intento iniziale, la norma prevedeva anche che i Gruppi parlamentari non siano più costituiti in base alle scelte dei deputati appena eletti, ma “in base alle liste votate dagli elettori, e a cui vengono assegnati d’ufficio i deputati eletti”. Ma c’è di più.
Per disincentivare i continui e reiterati cambi di casacca la proposta di modifica era molto chiara: “Il diminuire della consistenza numerica dei Gruppi determina la riduzione, in misura proporzionale, della disponibilità dei locali, delle attrezzature per l’esplicazione delle loro funzioni e del contributo finanziario unico e onnicomprensivo a copertura di tutte le spese assegnati ai Gruppi”. E non è tutto. La proposta Toninelli-Dieni prevedeva anche un freno al rischio che si formino gruppi parlamentari soltanto per drenare altri soldi. E così un’altra modifica prevedeva che “i deputati che aderiscono ad un Gruppo diverso da quello di assegnazione non sono computati per la determinazione della consistenza numerica finalizzata all’assegnazione delle dotazioni e del contributo finanziario”. Una proposta chiara e potenzialmente molto efficace, che ora potrebbe tornare di forte attualità.