È dicembre 2019 quando, dopo un iter complicato e varie peripezie, la proposta di legge sulla lite temeraria contro i giornalisti, presentata dal senatore del Movimento cinque stelle Primo Di Nicola (nella foto), viene approvata in Commissione Giustizia al Senato. Da allora è calato il gelo: ci si aspettava una calendarizzazione immediata del provvedimento, cosa che non è ancora avvenuta. Ma cosa prevede la proposta di legge?
Un testo tutt’altro che sterminato, anzi piuttosto semplice e snello come dovrebbe essere una norma efficiente, in cui viene affrontato il tema delle cosiddette “liti temerarie”. Contrariamente a quanto ci ha abituato la politica nostrana, il documento si fonda su un solo articolo che interviene sul codice di procedura civile per limitare l’azione civile risarcitoria contro i giornalisti. La norma stabilisce, infatti, qualora risulti “la mala fede o la colpa grave di chi agisce in sede di giudizio civile per risarcimento del danno”, che il giudice, “con la sentenza che rigetta la domanda”, condanni l’attore, oltre che alle spese, “al pagamento a favore del richiedente di una somma, determinata in via equitativa, non inferiore alla metà della somma oggetto della domanda risarcitoria”.
Per farla breve, se una persona chiede 100mila euro perché si è sentito diffamato ma il giudice gli dà torto, rischia di dover pagare la metà della richiesta risarcitoria al giornalista. Una questione tanto antica – ma non altrettanto nota – per la quale qualcuno potrebbe pensare che si tratti di una vicenda di poco conto. Ma non è affatto così. Parliamo, infatti, di un tema spinoso di cui se ne occupa da tempo l’associazione “Ossigeno per l’informazione” con in prima linea il segretario Giuseppe Mennella che chiedeva di approvare “il disegno di legge di Di Nicola” magari “ampliandone la portata dall’ambito civile a quello penale”, considerando che addirittura la Cedu ha aspramente criticato la detenzione dei giornalisti.