Da sempre combatto una battaglia contro il ricatto morale imposto dall’opinione pubblica di seguire alla lettera alcuni diktat pre, durante e post gravidanza:
– Una brava madre allatta;
– Una brava madre deve soffrire come tutte, partorendo;
– Così fan tutte, lo devi fare anche tu.
Come se ogni esperienza non contenesse un percepito differente, soggettivo. Come se si annullasse l’unicità di un’esperienza già di per sè straordinaria, ma destabilizzante sotto ogni punto di vista.
Perché essere madre è l’esperienza più bella e totalizzante al mondo, ma può coincidere con la fatica e si può manifestare senza per questo sentirsi meno adeguate. Non per questo perdere valore.
La vittima più recente di sfoghi innaturali è stata una super mamma Elena Santarelli la quale avrebbe alternato il biberon al seno.
Proprio mentre spopola sui social la moda di molte donne di farsi fotografare mentre allattano, lei non ha mentito, anzi. Con uno fotografia coraggiosa con il biberon si è fatta portatrice di un messaggio di sostegno ad altre che non sempre hanno la possibilità di allattare facilmente al seno e hanno bisogno di integrare.
Io ne so qualcosa. Dopo mesi di fatica, ragadi, dolore, dimagrimento del bambino, violenza psicologica da parte di chi non perdeva occasione per raccontarti la sua esperienza idilliaca, una pediatra, alla vigilia di un mio intervento mi disse: “non le basta il pensiero di doversi operare in anestesia totale? A chi deve dimostrare di essere una eroina? Basta allattare, non è morto nessuno per un biberon. Un figlio felice è il figlio di una mamma felice”.
Da quel momento (ora aspetto il terzo figlio) non ho mai più permesso a nessuno di ferirmi, di appesantire la vulnerabilità che già ci accompagna nella fase in cui si partorisce.
La rabbia ha poco a che fare con l’ideale di donna e madre che tanto proteggete. Non è migliore di un biberon, una donna che mentre allatta al seno per fare del bene al proprio bambino, declina le proprie repressioni in messaggi offensivi nei confronti di un’altra donna. Che, fra l’altro, ha scelto di non nascondersi e di condividere il proprio quotidiano con il proprio pubblico o con gli amici.
Quando si accetta di accorciare le distanze, non è immediato o scontato che si debbano accettare anche le critiche furiose e spietate di social impazziti e spesso maleducati.
Quando si apre la porta di casa propria il presupposto è che tu non ti metta a imbrattare il mio muro con invidie, livori e recriminazioni.
Se ti vedono con un biberon, piovono insulti. E proprio da altre donne, dalle quali ti aspetteresti sostegno, solidarietà.
È proprio vero, cara Elena: dobbiamo toglierci dalla testa questa illusione. Le coltellate arrivano proprio dal gentil sesso.
E hai ragione quando scrivi: “Prima di scrivere cose oscene, fatevi due domandine e ricordatevi che siamo tutte mamme con tetta e con biberon”.
Ci vogliono indipendenti dall’uomo, ma poi se si incastra vita familiare e lavoro come tasselli di un tetris, criticano il sostegno delle tate.
Se sei incinta e ti mostri sportiva, sui social arrivano a ricordarti che puoi danneggiare il bambino.
Insomma, nessuno sa in realtà come dovresti essere. Ma tu sì. E lo sei senza ledere la libertà altrui. Quindi, anche solo per questo, tuo figlio avrà una mamma speciale. Che non perde tempo ad insultare il prossimo.
Auguri cara Elena.
Francesca